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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2012 alle ore 08:11.

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ROMA
La crisi greca e la recessione dell'area euro rischiano di avere pesanti ripercussioni su Europa centrale e Balcani, sostiene il presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Thomas Mirow.
La Bers, fondata vent'anni fa per promuovere la transizione dei Paesi ex comunisti all'economia di mercato, e a cui il G-20 ha affidato ora anche il sostegno alla "primavera araba", prevede che le economie dell'Europa centrale e sudorientale più integrate con l'Eurozona accuseranno una crescita dimezzata nel 2012 rispetto all'anno scorso. Mirow, in un'intervista al Sole 24 Ore dopo incontri nei giorni scorsi con il presidente del Consiglio, Mario Monti, e i vertici della Banca d'Italia, spiega che la preoccupazione maggiore viene dalla trasmissione delle difficoltà dell'Eurozona attraverso il canale finanziario, ma elogia il ruolo delle banche italiane nella regione.
«I Paesi vicini della Grecia sono ovviamente i più colpiti - afferma il banchiere - anche per la presenza delle banche greche. Ma, più in generale, ci sono chiare indicazioni dai dati della Banca dei regolamenti internazionali che stiamo assistendo a una contrazione dei prestiti. È in atto un processo di deleveraging da parte delle controllate delle banche occidentali, che non può essere attribuito solo alla crisi dell'area euro, ma anche alle pressioni derivanti dalle nuove regole per le banche».
Questo processo, secondo il presidente della Bers, non può essere evitato, ma va gestito in modo da ridurne l'impatto, per esempio con un miglior coordinamento fra le autorità di vigilanza. La Bers ha poi dato vita, insieme ad altre istituzioni, come Fmi e Banca mondiale, a una riedizione dell'iniziativa di Vienna, che, dopo la crisi finanziaria post-Lehman, evitò una stretta brutale al credito. «Oggi è più difficile - sostiene - perché anche le istituzioni internazionali hanno minori risorse e sono a loro volta nel mirino delle agenzie di rating. Per questo è cruciale il coinvolgimento del settore privato. A questo proposito, devo dire che abbiamo un eccellente rapporto con le grandi banche italiane presenti nella regione e che esse hanno riaffermato il loro impegno anche in tempi di crisi».
UniCredit e Intesa Sanpaolo hanno avuto un ruolo importante in diversi programmi di finanziamento della banca, mentre le imprese italiane sono una delle principali fonti di investimenti diretti nei Paesi dell'Europa centro-orientale, dove hanno realizzato progetti per 13,4 miliardi di euro, per oltre la metà finanziati dalla Bers. L'impatto della crisi europea sull'economia reale nell'area di operazioni della banca è l'altro elemento preoccupante. «L'Europa occidentale è il partner naturale di questi Paesi - dice Mirow - Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca, ad esempio, esportano in modo preponderante nell'Eurozona. Per fortuna, ci sono differenze tra Paesi e tra settori. Le imprese che lavorano con l'industria dell'auto tedesca se la stanno cavando meglio. Poi ci sono i produttori, come la Russia, di materie prime, i cui prezzi restano alti e comunque sono meno influenzati da quello che succede nell'Eurozona».
La crisi nell'area ha anche raffreddato gli entusiasmi dei Paesi che stavano considerando l'ingresso nella moneta unica. «C'è una maggior consapevolezza, soprattutto con il caso Grecia - afferma il presidente della Bers - da parte dell'Eurozona di dover risolvere i suoi problemi prima di pensare a un ulteriore allargamento e da parte dei candidati della necessità di essere pronti prima di adottare l'euro. Per gli ultimi arrivati, come Slovenia, Slovacchia e Estonia, penso tuttora che entrare sia stata la cosa giusta, ma che il giudizio andrà dato su un arco di tempo più lungo».
Ex sottosegretario tedesco alle Finanze, Mirow è convinto che la strada dell'austerità fiscale, così fortemente voluta dalla Germania, «non ha alternative, anche per la pressione dei mercati. Ma è assolutamente necessario combinarla con misure per il rilancio della crescita, a partire da maggior flessibilità per il mercato del lavoro». Le ultime decisioni europee sul fiscal compact e le operazioni a lungo termine della Bce sono «mosse incoraggianti, che migliorano la fiducia degli investitori». Ma non si azzarda a prevedere che la crisi dell'Eurozona abbia già superato il punto di svolta.
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