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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2012 alle ore 10:24.

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Più gas dalla Russia. Ma inevitabilmente più caro, promette e sottilmente minaccia Mosca. C'è da dire che la crisi contingente delle forniture di metano che colpisce anche l'Italia sembra per ora rientrare, anche se con qualche lentezza. Ieri l'altro le famiglie hanno consumato 11 milioni di metri cubi in meno rispetto ai 438 milioni del giorno precedente, e le vecchie centrali ad olio rimesse temporaneamente in funzione fanno la loro parte (-20 milioni di metri cubi "risparmiati" ogni giorno). E anche se la Russia ha continuato anche ieri a darci il 12,4% in meno dei gas richiesto le proiezioni del comitato di crisi gas del Ministero dello Sviluppo traguardano il cessato allarme con il miglioramento del clima previsto per la fine della prossima settimana.
Dalla crisi metanifera di questi giorni parte comunque un preciso messaggio: il problema è strutturale. La crisi rischia di ripetersi. Tant'è che il nostro Governo promette di correre "strutturalmente" ai ripari (si veda il Sole 24 Ore di ieri): accelerazione dei nuovi gasdotti, dei rigassificatori, della concorrenza tra gestori e del libero scambio internazionale. Anche, e soprattutto, per «diversificare» le forniture oltre che le fonti.

E Mosca, che evidentemente sente un po' il fiato sul collo, promette collaborazione, mettendo però le mani avanti. Sostiene che già quest'anno chiuderà le forniture all'Europa con un saldo di 154 miliardi di metri cubi, quattro in più rispetto al 2011. E per i prossimi anni è disponibile (lo dice a chiare lettere per la prima volta) a dare al vecchio continente, e quindi anche all'Italia, quantità supplementari.
Lo farà, avverte con un sottile gioco combinato tra le dichiarazioni del vicepresidente di Gazprom Alexander Medvedev e di messaggi lanciati sui circuiti di informazione internazionali, se i paesi della Ue consentiranno di ampliare i depositi di stoccaggio di metano controllati dai russi in terra europea per almeno 5 miliardi di metri cubi entro il 2015, in pratica raddoppiando le attuali strutture a controllo russo di Haidach In Austria (già raddoppiato di recente), di Rehden e di Katharina (quest'ultimo appena entrato in funzione) in Germania, di Banatski Dvor in Serbia (anch'essa funzionante da poco).

Gazprom – puntualizza Medvedev – «ha interesse ad avere a disposizione vasti stoccaggi sotterranei di gas in Europa in modo da potere rispettare gli obblighi contrattuali e in modo da assicurare in maniera puntuale e scrupolosa la fornitura di gas naturale ai clienti europei. Speriamo vivamente che le autorità regolatorie europee tengano in considerazione tali logiche».
Permessi da facilitare, dunque. E gas da pagare con qualche non insignificante ritocco. Gazprom non lo dice. Lo dice però l'agenzia russa Interfax (che risulta essere attenta ad evitare dissonanze con le altre voci istituzionali russe), secondo la quale nel 2012 il prezzo medio del gas rifornito all'Europa sarà addirittura di 415 dollari ogni mille metri cubi, in vistoso rialzo rispetto ai 384 dollari di quest'anno. Le agenzie di stampa internazionali riferiscono che «sulle anticipazioni di Interfax un portavoce di Gazprom ha declinato ogni commento».

Uno scenario che presumibilmente rinvigorirà le posizioni di chi sollecita uno sfruttamento più attento delle gran quantità di gas e petrolio che potremmo estrarre direttamente in Italia. Incalza tra gli altri l'ex sottosegretario allo sviluppo responsabile per l'energia nel passato Governo Berlusconi, Stefano Saglia (che, detto per inciso, ha goduto di una buona stima e perfino di un certo appoggio anche dagli uomini migliori del centrosinistra).
«Peccato che sul rilancio dell'upstream italiano il Governo in carica abbia ceduto alle pressioni di Wwf e di Greenpeace» afferma Saglia in un'intervista al Financial Time riferendosi alla norma per facilitare le nuove estrazioni nazionali inserita nell'ultimo decreto sviluppo ma poi improvvisamente cassata.

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