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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2012 alle ore 06:36.

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Marche, Valle d'Aosta, Umbria. Sono di taglia small le Regioni "amiche" dei giovani. Territori con minori barriere all'ingresso nel mondo del lavoro, dove tassi di disoccupazione sotto la media, alti livelli d'istruzione e doti imprenditoriali danno vita a un mix che spinge le nuove generazioni verso buone prospettive di carriera. Il Centro studi Datagiovani ha elaborato per il Sole 24 Ore l'indicatore "Youth friendly" che misura il potenziale di attrattività del territorio per gli under 30 in base a cinque asset: mercato del lavoro, imprenditoria, istruzione, demografia e dinamica della crisi. Posto pari a 100 il valore dell'Italia, 13 regioni si collocano sopra la media, le altre sono al di sotto. Ne emerge un quadro inedito del nostro Paese, con le Marche sul gradino più alto del podio e le regioni più piccole spesso in vantaggio su quelle grandi (si veda la tabella a lato).
«Nelle aree a dimensioni ridotte - commenta Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro all'Università Bocconi - c'è un minore mismatch tra formazione, aspirazioni professionali e sbocchi dei giovani, mentre in quelle con maggior peso economico il gap si allarga, nonostante ci siano più offerte di lavoro in valore assoluto». Le Marche, ad esempio, primeggiano per istruzione, elevato numero di laureati residenti tra i 30 e i 34 anni e scarsa disoccupazione under 30 (14% nel 2011 rispetto a una media del 20%, anche se in aumento di quasi quattro punti rispetto al pre-crisi). Situazione analoga in Umbria, che si distingue anche per una bassa dispersione scolastica (13% contro il 18,8% della media).
«I numeri – spiega Luigi Campiglio, ordinario di politica economica all'Università Cattolica – dimostrano che il Centro, soprattutto sul versante adriatico, è un'area in cui c'è maggiore equilibrio economico-sociale e capacità di assorbire gli shock esterni provocati dalla crisi, oltre a una buona fetta di amministratori pubblici giovani». Ai primi posti del ranking anche il Molise (4°) che – pur ottenendo risultati non troppo soddisfacenti per quanto riguarda il mercato del lavoro (soprattutto per l'elevata inattività, al 66% nel 2011) – primeggia sul terreno dell'imprenditoria (con un tasso di sopravvivenza delle aziende a 5 anni dall'avvio del 55,5%).
Sesto il Trentino Alto Adige, «molto efficiente sul fronte occupazionale - dice Michele Pasqualotto, ricercatore di Datagiovani - e con un esiguo numero di Neet, ma con scarsi risultati per l'imprenditoria: i giovani capitani d'azienda hanno, infatti, incidenze molto basse sia sul totale degli imprenditori sia sulla popolazione under 30». A metà classifica Toscana, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. Solo undicesima la Lombardia, mentre nella parte bassa del ranking Emilia Romagna e Veneto, che portano i segni pesanti della crisi. «In queste aree – osserva Giovanna Vallanti, assistant professor alla Luiss su tematiche legate al mercato del lavoro – i ragazzi hanno sempre avuto buone chance occupazionali: ora invece si trovano spiazzati dal taglio di offerte prodotto dalla recessione che ha colpito di più le aziende a forte vocazione internazionale». In Emilia Romagna sono peggiorate le dinamiche del mercato del lavoro (il tasso di disoccupazione giovanile nel pieno della crisi è più che raddoppiato, passando dal 7% del 2008 al 15% del 2010), mentre il Veneto soffre sull'imprenditoria giovanile, con incidenze molto basse delle aziende giovani sia sul totale (4,6%), sia sulla popolazione under 30 (4%) e un calo dal 2008 del tasso di sopravvivenza delle imprese a cinque anni di attività (dal 57% al 53,8%).
Tra le grandi regioni, le performance migliori sono registrate dal Lazio che si posiziona al quinto posto, grazie all'alto livello di istruzione dei giovani e soprattutto alla buona resistenza dimostrata rispetto alla congiuntura sfavorevole. Le big del Mezzogiorno, invece, nonostante abbiano visto peggiorare meno i propri parametri economici a seguito della crisi rispetto alle regioni del Centro-Nord, occupano gli ultimi posti della classifica a causa di un mercato del lavoro da sempre avaro di opportunità (disoccupazione oltre il 30%), abbinato a una pesante dispersione scolastica (dal 23% della Campania al 26% della Sicilia).
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Nota metodologica: Per ogni indicatore di ciascun asset è stato attributo punteggio pari 0 alla regione con il valore peggiore e pari a 1 alla regione con quello migliore. Poi è stata costruita una funzione di utilità che unisce minimo e massimo (attraverso una regressione lineare di tutti i dati). I dati delle regioni tra il minimo e il massimo, attraverso questa funzione, vengono così redistribuiti in una scala da 0 a 1.
L'indicatore finale è stato ottenuto attraverso una media pesata. I pesi utilizzati sono i seguenti: mercato del lavoro, imprenditoria, istruzione, con peso pari a 0,2; socio-demo, con peso pari a 0,1; crisi, con peso pari a 0,3.
Per operare un confronto rapido dei vari territori con la media nazionale è stato posto per ogni indicatore il valore Italia pari a 100, e sono stati riproporzionati tutti quelli delle altre regioni.

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