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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2012 alle ore 21:03.

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C'è chi lo critica, chi lo teme e chi lo cerca insistentemente. In pochi lo snobbano. Anche Mario Monti, nonostante con la sua squadra di tecnici non sia passato per le urne, ha dovuto farci i conti e, arrendendosi all'evidenza, ha cominciato da Vespa, poi è passato da Fazio, da Vinci e infine a Sky.

Per chi vuol fare politica la televisione (il talk show politico, soprattutto) resta un passaggio obbligato, come Berlusconi (nonostante le riserve di certi avversari) ha ripetutamente dimostrato.

Oggetto del desiderio di candidati e candidate, soprattutto in campagna elettorale, i talk show si avviano ad essere regolamentati anche dalla par condicio tra i sessi.

La commissione Affari Costituzionali della Camera ha infatti approvato a maggioranza un emendamento proposto dal Pd che si richiama all'articolo 51 della Costituzione sulle pari opportunità tra i sessi e rende obbligatoria una rappresentanza equilibrata tra uomini e donne nelle trasmissioni di contenuto politico che vengono mandate in onda durante i periodi di campagna elettorale. Il testo dovrebbe arrivare nell'Aula della Camera il 20 febbraio, ma già qualcuno tra i parlamentari pensa al voto segreto. Fu così che venne bocciata la proposta Prestigiacomo per le quote rosa nelle candidature (al 25%).

È un emendamento di contorno alla proposta di legge che prevede la facoltà di un doppio voto di preferenza. E stabilisce che nelle liste delle elezioni amministrative sia garantito almeno un terzo di presenza femminile ma soprattutto la facoltà di esprimere un secondo voto di preferenza purché dato ad una persona di genere diverso. Le donne negli enti locali sono sottorappresentate (poco meno del 15 per cento) e la riduzione del numero degli eletti, prevista nella riforma del testo unico degli enti locali, rischia di sfavorire ulteriormente la rappresentanza femminile.

La prima firmataria dell'emedamento sulla par condicio tra i sessi, la democratica Sesa Amici chiarisce che «non è un obbligo tassativo o vincolante, ma un segnale importante, anche culturale». Nessuno cioè potrà imporre nulla in termini di quote (come è accaduto ad esempio per i Cda delle società quotate), ma si tratta semplicemente di un'indicazione. In commissione tutti si sono espressi a favore, tranne la Lega che ha scelto l'astensione.

Daniela Santanché, che sulla battaglia per le quote rosa nei Cda aveva più di qualche perplessità, è favorevole. «Perché il consenso si crea anche in tv. Poi però bisogna essere brave, saper fare ascolti. E in tv non ci si può andare per legge, ci deve andare chi è capace». Insomma ok a queste misure «finché sono temporanee, fino al raggiungimento degli obiettivi, come incentivi al riequilibrio».

Aperture arrivano anche dalla Lega. Carolina Lussana appoggia la proposta, perché «la politica si fa anche attraverso la comunicazione. Soprattutto se le elezioni saranno regolate da una diversa legge elettorale, che assegni maggiore importanza alle singole individualità». L'astensione del Carroccio sul voto in commissione sembra dettata più che altro dalla consueta contrarietà della Lega alle quote rosa.

Forse per gli autori dei talk show (almeno in campagna elettorale) sarà una seccatura in più. Oltre al bilancino tra esponenti di diverse appartenenze politiche dovranno fare i conti pure con la questione di genere. Eppure nelle trasmissioni di politica già adesso una donna tra gli ospiti non manca mai (o quasi) e spesso picchi di ascoltano si registrano mentre sono le esponenti politiche a parlare. E non solo nei casi di battibecco (come quello a Porta a Porta tra Rosy Bindi e Bruno Vespa o quello tra Alessandra Mussolini e Vittorgio Sgarbi a La pupa e il secchione): nel '96 a Linea Tre fu una donna, Giovanna Melandri la sola capace di mettere in difficoltà in un pubblico dibattito Silvio Berlusconi.

Oggi le parlamentari più gettonate televisivamente parlando sono, nel Pdl, Anna Maria Bernini, Mariastella Gelmini, Stefania Prestigiacomo, Daniela Santanché e Nunzia De Girolamo. E nel Pd, Marina Sereni, Angela Finocchiaro, Rosy Bindi, Giovanna Melandri e Debora Serracchiani. Se la proposta verrà approvata domani potremo conosce facce e voci della politica (femminile) finora ignote ai più.

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