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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2012 alle ore 13:14.

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Siria, una casa distrutta a Homs (Reuters)Siria, una casa distrutta a Homs (Reuters)

Almeno sei persone sono morte nei violenti bombardamenti che stanno colpendo la città di Homs. Il bollettino quotidiano della strage siriana che dura da marzo 2011, reso noto da un'organizzazione non governativa, è aggravato dalla notizia che le forze governative siriane hanno usato armi chimiche, gas nervino, per facilitare il loro ingresso a Homs, già oggetto di un martellante lancio di razzi. La denuncia alla tv al-Arabiya di Awad Al-Razak, ufficiale dell'esercito siriano passato dalla parte degli oppositori, rilancia l'allarme sull'arsenale di cui dispone la Siria. E torna subito alla mente l'esplosione di cinque anni fa in una base militare nei pressi di Aleppo che provocò decine di vittime con la fuoriuscita, stando a Janès Defence, di gas sarin e iprite.

La Siria ha iniziato a sviluppare armi chimiche alla fine degli anni Settanta, all'epoca del presidente Hafiz al-Assad, padre di Bashar, anche grazie alla tecnologia ottenuta dai russi. Secondo la Cia, scriveva nei mesi scorsi il Washington Post, Damasco è in possesso di grandi quantitá di testate cariche di sarin. E per gli esperti la Siria ha probabilmente l'arsenale chimico più vasto al mondo, composto da decine di tonnellate di agenti chimici letali, centinaia di missili Scud e altri razzi. Il sarin è il terribile gas nervino usato dai terroristi giapponesi nel 1995 nella metropolitana di Tokyo, ma nella storia recente ci sono anche altri precedenti.

L'arsenale chimico non è l'unico allarme di oggi. «I cristiani della cittá siriana di Qamishli sono molto preoccupati per il loro futuro e temono di dover fuggire» dal Paese. È quanto denuncia Suleiman Yousef, ricercatore e attivista per i diritti umani in Siria, alla tv satellitare al-Arabiya. «I cristiani della città, considerata come la capitale dei curdi siriani - spiega - temono di diventare un obiettivo di attacchi terroristici finalizzati alla loro emigrazione, in particolare ora che siamo entrati nella fase cruciale della rivolta nel paese». L'attivista ammette che «i cristiani della zona si sono schierati con il regime di Bashar al-Assad non perché amano questo governo, ma solo per paura di un futuro peggiore». Venerdì scorso 300 curdi hanno preso a sassate le case dei cristiani, accusandoli di collaborare con il regime.

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