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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2012 alle ore 06:39.

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Una flessione iniziale. Poi lo scatto degli ordini automatici di vendita. È andata così ieri per l'euro, che è calato fino a quota 1,3050 dollari e si è allontanato dai massimi degli ultimi due mesi segnato in mattinata sullo yen.
Il mercato valutario ha reagito, peraltro stancamente, al gioco in corso tra la Grecia e l'Unione europea: Atene che approva le misure di austerità con la riserva mentale espressa (e poi rimangiata) dal leader del partito conservatore Antonio Samaras, che voleva riaprire le contrattazioni, per addolcire le riforme, subito dopo le elezioni di aprile; e Bruxelles che ha reagito dando addirittura la sensazione di rilanciare, quasi che il pacchetto concordato non fosse ancora sufficiente, e rinviando ogni decisioni sugli aiuti.
Lo spettro del default continua dunque ad aleggiare attorno alla Grecia, ma il mercato ha capito il gioco e non sembra preoccuparsi troppo. Così come è rimasto abbastanza indifferente ai dati sul prodotto interno lordo di Eurolandia, meno drammatici del previsto e comunque consegnati ormai al passato: le indicazioni degli indici Pmi, pur tra tutte le incertezze del caso, «vedono» già espansione, anche se non in tutti i Paesi. Solo il raggiungimento di quota 1,31, alla quale erano collegati gli stop loss automatici, ha allora accelerato il ribasso.
Più difficile capire cosa accadrà adesso. Goldman Sachs ha annunciato di aver completato la sua strategia di acquisti di euro citando le incertezze sulla crisi fiscale ma anche la fine - a suo giudizio - non tanto della fase di compressione degli spread, quanto della sua energia.
Importante sarà però il quadro complessivo delle politiche monetarie: la decisione del Giappone, martedì, di ampliare il quantitative easing ha pesato sullo yen e ha spinto il dollaro ai massimi da tre mesi e mezzo (anche se non è riuscito a superare la media dei 200 giorni, un livello particolarmente importante per gli operatori). In attesa - e poi in seguito - della prossima operazione di liquidità a tre anni della Banca centrale europea, occorrerà capire come le banche centrali dei tre grandi vedranno «definite» le loro strategie, l'una in rapporto all'altra.
Non è escluso che, se l'operazione europea dovesse risultare di nuovo - come sembra - massiccia, la valuta unica possa ulteriormente scendere segnalando non problemi sui debiti o una maggior avversione al rischio - elementi che possono comunque giocare un ruolo - quanto condizioni monetarie più espansive.
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