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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2012 alle ore 06:42.

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Per ora è solo un primo passo. Un «progresso sensibile», certo. Ma tutto da verificare una volta che il testo delle modifiche annunciate dal Governo italiano sulle esenzioni dall'Imu saranno approvate dal Parlamento. È questa, ufficialmente, la posizione del commissario alla Concorrenza, Joaquín Almunia, vicepresidente della Commissione Ue, all'indomani dell'annucio di Mario Monti. E in effetti a Bruxelles la preoccupazione che il testo finale subisca stravolgimenti parlamentari è alta. Tanto più che l'intesa tra gli uffici di Almunia e l'Italia dovrà comunque passare al vaglio dell'intera Commissione, una volta che il testo diventerà legge, prima di chiudere - eventualmente - la procedura d'infrazione. E qui c'è un punto molto delicato su cui bisognerà trovare una soluzione: la gestione del passato. Si tratta, secondo una stima che trova credito anche negli ambienti comunitari, di circa 700 milioni euro all'anno (almeno dal 2006) che in base alle regole Ue sugli aiuti di Stato dovrebbero essere recuperati. Il problema è come recuperarli. Una delle difficoltà che fanno oscillare le stime del gettito Imu che deriverebbe dagli immobili degli enti non commerciali oggi esentati, compresi quelli degli enti religiosi, è che nessun Comune ha le informazioni catastali necessarie per stabilire in modo corretto chi e quanto deve pagare.
Eliminare il mostro giuridico che è alla base della procedura Ue sanerebbe il futuro ma lascerebbe aperta la questione del passato. Su questo nodo sicuramente dovranno confrontarsi gli esperti della Commissione e del Governo, ben sapendo che è un aspetto che hanno a cuore anche coloro che hanno portato avanti il ricorso per sei anni.
Non solo: tra i ricorsi pendenti sulla materia a Bruxelles ce n'è anche uno che riguarda la riduzione del 50% dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche per gli enti di assistenza sociale, istituti di istruzione e di studio senza fine di lucro, ed enti con fini di beneficenza ed istruzione, compresi gli enti ecclesiastici (art. 6 del Dpr 601/73). Questa disposizione contempla anche gli istituti autonomi per le case popolari, fondazioni ed associazioni esclusivamente culturali. Si tratta di un dossier che la Ue ha tenuto separato ma potrebbe tornare di attualità. Come se non bastasse, resta aperta anche la procedura sull'articolo 149 del Tuir che mette al riparo gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dalla perdita della qualifica di ente non commerciale. Due spade di Damocle sulla procedura che Monti sta cercando di evitare.
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