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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2012 alle ore 20:11.
L'ultima modifica è del 18 febbraio 2012 alle ore 15:26.

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Nella tragedia greca dell'eurocrisi, con il mondo che attende ancora di sapere se Atene rimborserà i bond in scadenza il 20 marzo e se andrà in default ordinato o disordinato, c'è per ora una sola certezza: dal primo marzo la Banca centrale ellenica non cambierà più le vecchie dracme in euro. Al tasso, per la cronaca, di 340,75 dracme per un euro. La data era fissata da tempo (in Italia per esempio dal 7 dicembre 2011 non si possono più cambiare lire in euro), ma con i tempi che corrono assume connotazioni sinistre. Anche perché i greci pare non abbiano molta voglia di separarsi dalle dracme trovate nei cassetti.

Meno sentimentale è la Banca centrale greca, che della ex valuta non sa che farsene. Molto diligentemente ha distrutto le montagne di vecchie banconote, spiega il quotidiano Ekathimerini, facendole a pezzi e pressandole in blocchi riciclabili.

Ma i greci non ci stanno. Si calcola che nelle loro case ci sia ancora l'equivalente di 200 milioni di euro in dracme. E non si vedono file per cambiarli alla Banca centrale. Ragioni puramente sentimentali, dicono in molti ripensando ai vecchi tempi. Del resto, sette greci su dieci hanno dichiarato in un recentissimo sondaggio che con un ritorno all'antica valuta la situazione sarebbe ancora peggiore. Tre su dieci però non la pensano così. E si tengono sotto il materasso le vecchie dracme ritrovate nei cassetti. Chissà che un giorno non tornino a essere utili.

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