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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2012 alle ore 09:25.
La Grecia è salva (per ora) ma grazie a nuovi sacrifici degli investitori privati e della rinuncia dei profitti della Bce che faranno scendere i tassi del primo prestito da 110 miliardi di euro. La perdita di valore netto sui bond ellenici da scambiare con i nuovi bond a 30 anni dovrebbe salire a circa il 75%.
E' questa la concessione concordata nella notte tra Eurogruppo e i vertici dell'Institute of International Finance guidato da Charles Dallara del direttore esecutivo dell'IIF, del consigliere Jean Lemierre di BNP Paribas e del presidente IIF Joseph Ackerman di Deutsche Bank. Il taglio del valore nominale dei titoli sale dal 50% al 53,5%. Complessivamente il contributo dei privati dovrebbe arrivare, secondo fonti europee, a 2,8 miliardi di euro in più.
L'accordo negoziato tra Eurogruppo e IIF permetterà la cancellazione non più di 100 ma di 107 miliardi di debito greco. Lo ha indicato Frank Vogl, portavoce dell'Institute of international Finance in un comunicato diffuso in mattinata.
In questo quadro la Bce rinuncia ai profitti sui bond greci acquistati sul mercato secondario a prezzo scontatato negli ultimi mesi passandoli alle rispettive banche centrali che lo devolveranno agli stati che taglieranni gli interessi del primo prestito da 110 miliardi deciso nel maggio 2010.
In cambio però Atene dovrà diventare più "tedesca" inserendo nella costituzione (Syntagma in greco, come la piazza omonima davanti al Parlamento di Atene) una norma che privilegia il pagamento dei debiti prima di altre spese, compresi stipendi e pensioni.
SOVRANITA' LIMITATA. Il governo greco sarà inoltre sottoposto a un controllo della Troika ancora più rigoroso e continuo delle scelte di politica di bilancio ed economica. E' questo il prezzo politico del secondo prestito di 130 miliardi. La Commissione europea rafforzerà la propria missione ad Atene attraverso "una presenza permanente sul terreno", é scritto nella dichiarazione dell'Eurogruppo.
Ora con gli ultimi sondaggi in Grecia che vedono il partito conservatore Nea Dimokratia al 19% dei voti e il socialista Pasok al 13%, i due maggiori partiti storici greci hanno appena 1/3 dell'elettorato: è la fine del bipartismo dinastico greco, con possibili vittorie della sinistra radicale o di nazionalisti estremi, entrambi euroscettici e con con accenti populisti. Un rinvio elettorale previsto a aprile sarebbe la soluzione più opportuna per evitare di dilapidare i frutti dell'accordo appena raggiunto a Bruxelles.
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