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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2012 alle ore 06:38.
Giorgio Napolitano prende la parola al Consiglio regionale sardo di fronte a una folta platea di amministratori regionali e locali, ben consapevole delle istanze e degli umori, con annesse spinte autonomistiche, che attraversano una Regione alle prese con le pesanti conseguenze sociali e occupazionali della crisi. «Sono ben cosciente - premette - di quale malessere, malumore, malcontento e protesta ci sia nell'isola in questo momento». Situazione del resto resa visibile dai presìdi di protesta che hanno accompagnato gran parte degli appuntamenti del presidente della Repubblica. In un passaggio fuori programma del suo intervento, chiarisce di non rappresentare «le banche e il grande capitale finanziario, come qualcuno umoristicamente crede e grida». La sua funzione di garante super partes gli impone di guardare all'interesse generale: «Ho la responsabilità di garantire principi, valori ed equilibri istituzionali, compreso il rispetto dell'autonomia delle Regioni, segnatamente quelle a statuto straordinario come la Sardegna, e compresa la garanzia di assicurare una coesione sociale che oggi è a rischio serio». Per questo - assicura - darà «il suo apporto al rilancio dell'Italia e alla costruzione di una nuova Europa».
Al primo posto è la crescita, con azioni immediate da avviare a «senza attendere la fine della crisi». La preoccupazione, che non a caso il presidente della Repubblica rinnova in terra di Sardegna proprio nel giorno in cui riparte la trattativa tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro, è per chi non ha tutele e garanzie, «perchè l'attuale sistema lascia scoperte zone di povertá. Occorre rinnovare il sistema del welfare per migliorarlo». La coesione sociale è importante per la crescita del paese, ma per Napolitano «non significa immobilismo ma mettere in piedi un sistema di welfare e sicurezza sociale diverso da quello che è stato creato in passato».
Subito le misure per la crescita, dunque. Operazione da condurre in un quadro di perdurante carenza di risorse e tuttavia con la lungimiranza di saper discernere tra spese improduttive da tagliare, e impegni finanziari che vanno diretti al sostegno di spese fondamentali, a partire dalla cultura e dell'istruzione. In sostanza un secco no a «tagli alla cieca» soprattutto in ricerca e formazione. Per rilanciare lo sviluppo, a partire dal Mezzogiorno, «non bastano e non servono gli slogan ideologici, occorrono lucidità, realismo, competenza senso della misura».
Nel corso della sua intensa giornata cagliaritana, Napolitano ha colto con mano, dal vivo, una situazione il cui quadro complessivo «è drammatico più di quanto pensassi». In particolare i rappresentanti delle realtà economiche e sociali dell'isola hanno rappresentato al Capo dello Stato gli effetti di «un logoramento accentuato e acuto della crisi del sistema produttivo e occupazionale sardo. Non è una crisi nata da mesi, ma si è via via estesa e in qualche modo incancrenita da anni». Con tatto e diplomazia, Napolitano rilancia i temi che hanno attraversato tutte le iniziative per i 150 anni di unità nazionale: «Vorrei coniugare la parola unità con altre parole come diversità, autonomia, pluralismo, sussidiarietà. Solo coniugando insieme questi concetti ispiratori della nostra unità nazionale possiamo consolidarla». E prima di tutto occorre colmare lo storico e irrisolto divario tra nord e sud.
Sul tema delle riforme, Napolitano rinnova l'invito a partiti e Parlamento perchè sfruttino quest'ultimo scorcio di legislatura: «C'è ancora molto da fare per completare l'architettura istituzionale».
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