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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2012 alle ore 17:34.
Mentre il presidente francese Nicolas Sarkozy, come la madre di Marie Colvin, l'inviata del Sunday Times uccisa assieme al fotoreporter 28enne a Homs, città ribelle siriana, sostiene che i due giornalisti sono stati assassinati, la repressione del governo di Damasco diventa sempre più sanguinosa. È di almeno 23 nuove vittime tra la popolazione il bilancio odierno della repressione: un massacro, denunciano fonti dei Comitati Locali di Coordinamento della Rivoluzione, una delle principali organizzazioni dell'opposizione, secondo cui al computo vanno aggiunti diciassette disertori, i cui cadaveri sono stati rinvenuti nel carcere di Jamal al-Zaouya a Idlib, capoluogo dell'omonima provincia nord-occidentale, a ridosso del confine con la Turchia.
Stamattina Edith Bouvier - l'altra giornalista francese ferita ieri a Homs nell'attacco che è costato la vita a Colvin e Remi Ochlik - ha chiesto di potersi spostare in Libano in sicurezza: ha una gamba rotta e deve essere operata. Oggi invece la maggior parte dei civili, dieci, sono stati uccisi a Kafar Alton, nella provincia centrale di Hama: tra essi anche un'intera famiglia di sei persone, compresa una bimba di appena 3 anni, che sono state passate per le armi. Altri nove morti nella provincia orientale di Deir Ezzor, due in quella meridionale di Deraa, una in quella settentrionale di Aleppo e l'ultima nella stessa Idlib. Mancano peraltro dati aggiornati sulla situazione nella città-martire di Homs, assediata da venti giorni e sottoposta anche oggi a pesanti bombardamenti.
Dal punto di vista diplomatico non ci sono sostanziali novità: Russia e Cina insistono chel'unica via per arrivare a una soluzione della crisi siriana parte «dalla veloce interruzione dei qualsiasi violenza» e passa attraverso «l'avvio di un dialogo inclusivo fra autorità e lopposizione senza condizioni preliminari, mirato ad una soluzione pacifica e che escluda l'ingerenza straniera negli affari siriani». Questo messaggio, secondo una nota del ministero russo degli Esteri, è l'esito di una telefonata oggi tra il capo della diplomazia moscovita, Sergey Lavrov, e il collega cinese Yang Jiechi. I due ministri, conclude la nota, «hanno discusso i possibili passi da intraprendere con gli obiettivi indicati». La Russia, salvo ripensamenti dell'ultima ora, domani non sarà alla conferenza sulla Siria di Tunisi, mentre la Cina non ha ancora deciso. I due Paesi portano avanti una linea comune in sede di Consiglio di Sicurezza e hanno bloccato due risoluzioni di condanna della violenta repressione messa in atto dal regime siriano contro le proteste.
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