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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 08:10.

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MILANO
Il ritorno del professore nella sua Università. Cento giorni dopo aver assunto «per circostanze impreviste» l'incarico che definisce «temporaneo» di presidente del Consiglio, Mario Monti varca, se pur per poche ore, il portone della Bocconi, invitato d'onore all'inaugurazione dell'anno accademico. Prima la messa celebrata nella chiesa di San Ferdinando di via Gobbi, un rapido saluto al convegno del Fondo ambiente italiano poi l'ingresso nell'Ateneo.
Mattinata di emozioni intense per il professor Monti, di «grande nostalgia», come confessa il premier quando si rivolge per un breve saluto ai suoi amici e colleghi, e come conferma più tardi agli studenti. Il vice presidente dell'ateneo, Luigi Guatri gli ha appena fatto omaggio del libro «Una vita in Bocconi» scritto insieme a Marzio Achille Romani, con dedica. «Dedichiamo questo libro al sen. prof. Mario Monti». Il professore si commuove, abbraccia e ringrazia Guatri, l'ottancinquenne «amico e collega».
Come tutti potrete immaginare - esordisce - «sono molto commosso. È la prima volta che entro alla Bocconi da esterno, invitato ospite, dopo il 1961, quando venni qui per chiedere il modulo di iscrizione come studente». E conta di tornarci, nella sua Università, per completare il mandato di presidente, dal quale si è autosospeso. Lo afferma, non si sa bene in quanti ci credano veramente, considerato che da varie parti lo si indica come possibile successore di Giorgio Napolitano, oppure lo si proietta direttamente in Europa, quando scadrà il mandato di Herman Van Rompuy, attuale presidente permanente dell'Unione. Ma Monti lo ribadisce: la sua esperienza alla guida del paese «comunque avrà termine come noto con le elezioni del 2013». E dunque, non appena il suo mandato «andrà in scadenza», è pronto al gran ritorno.
Non pare per la verità come una sorta di «captatio benevolentiae». Monti gioca in casa, è accolto con calore da docenti e studenti. Un lungo applauso ne accompagna l'ingresso in aula magna. E proprio ai giovani si rivolge quando, con evidente riferimento ai defatiganti riti concertativi cui anche un governo "tecnico" deve comunue sottostare, ricorda che spesso a quegli affollati tavoli e «riti collegiali» in cui si tratta (è il caso della riforma del mercato del lavoro), «non siede la voce dei giovani e delle future generazioni». Il diritto dovere di decidere spetta essenzialmente al governo e al Parlamento, e «tutti devono essere ascoltati», come è giusto che sia «in un Paese in cui ci sono tante categorie e forze che sono rappresentate e devono partecipare alle decisioni». Poi spetta al governo assumersi l'onere di decidere.
Il governo - assicura Monti - sta lavorando per il futuro dei giovani, «che stanno iniziando ad accorgersene e se ne accorgeranno ancora di più in futuro», quando cominceranno ad avvertirsi gli effetti «delle cose che faticosamente stiamo decidendo oggi». Elogi per il rettore Guido Tabellini, «figura esemplare dell'allievo universitario», che ha svolto la relazione introduttiva, per Piergaetano Marchetti che parla dell'«informazione che cambia», offrendo «spunti di riflessione» al premier.
Nostalgia: «Se avessi letto le cronache di questa mattinata senza parteciparvi, la mia nostalgia sarebbe cresciuta», ammette. Gli studenti lo avvicinano all'uscita, lo applaudono, applausi anche dalla piccola folla che si è formata attorno all'uscita dell'Ateneo. Monti confessa di «trovare conforto», quando pensa alla Bocconi, «alla parte togata e agli studenti. Nel Governo cerchiamo di sentire e ora sentiamo anche senza sforzo il loro fiato innovatore». Per Monti arriva però ieri una stoccata Pierluigi Bersani: «Qualche volta – ha detto il segretario del Pd – si ha l'impressione che l'orecchio sulla vita comune dei cittadini da parte del Governo non sia sufficiente. Spero che questa cosa nelle prossime settimane si possa correggere».
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