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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2012 alle ore 06:38.

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Il Tesoro italiano riesce a raffreddare ulteriormente i costi di finanziamento sul breve termine, ancorandoli così ben al di sotto dei livelli pre-crisi. Ieri l'Italia ha collocato titoli per oltre 12 miliardi di euro con tassi ai minimi da oltre un anno. Nel dettaglio, sono stati emessi Bot a sei mesi per 8,75 miliardi a fronte di una richiesta per 11,871 miliardi, con un rapporto tra domanda e offerta a 1,357 dal precedente 1,346. In frenata il rendimento medio lordo, atterrato all'1,202%, in calo di 0,767 punti rispetto all'asta precedente (1,969%) datata 27 gennaio. Per ritrovare un rendimento più basso bisogna risalire al settembre del 2010, ben prima quindi che la crisi del debito italiano - scoppiata nell'estate del 2011 - si manifestasse in tutta la sua gravità. Solo lo scorso novembre, i tassi a sei mesi erano pari al 6,5%.
A mostrarsi positiva è stata anche l'asta di BoT flessibili con durata di 295 giorni: a fronte di richieste per 7,67 miliardi sono stati piazzati 3,5 miliardi di euro, con un rendimento medio lordo che si è attestato all'1,29 per cento. Il rapporto di copertura si è attestato a 2,191.
Secondo gli analisti, le aste di ieri sono la riprova del pieno ritorno di fiducia degli investitori soprattutto sulla parte più vicina della curva dei rendimenti. «Le aste sono andate molto bene e rispecchiano il miglioramento dell'umore di mercato sui titoli italiani», spiega uno strategist. Il risultato appare incoraggiante, sebbene non eccezionale, anche sul fronte del rapporto di copertura alla luce del taglio finito in asta. «Il rapporto tra domanda e offerta è buono in relazione alle quantità emesse - spiega Alessandro Giansanti, strategist di Ing - e l'emissione è superiore ai titoli in scadenza, per un'offerta netta di circa 4 miliardi».
L'assottigliamento dei tassi italiani sulle scadenze più vicine è frutto comunque di un mix di motivazioni. La prima è l'operazione di messa in sicurezza dei conti italiani operata dal Governo. Una mossa che ha progressivamente allontanato il rischio di un default dello Stato italiano, diventato improvvisamente più incombente tra agosto e novembre, i mesi più drammatici della crisi del debito italiano. La seconda motivazione è legata invece al varo delle politiche di fiscal compact a livello europeo e all'approvazione del secondo pacchetto di aiuti per la Grecia, decisivo per evitare il default incontrollato di Atene. La terza, importante, ragione è invece riconducibile al maxi-finanziamento a 3 anni della Bce dello scorso dicembre, il cosiddetto Ltro: con quell'operazione, il mercato interbancario è stato inondato di liquidità e il sistema ha ritrovato fiducia. Non solo: gli istituti hanno potuto prendere in prestito denaro all'1% per investirlo in titoli di Stato, i cui rendimenti erano superiori anche di 3-400 punti base, lucrando così sulla differenza. Nel corso delle ultime settimane gli acquisti hanno guadagnato nuovo vigore anche in vista della prossima asta Bce, prevista per domani: le obbligazioni governative saranno utilizzate come collaterale per raccogliere denaro fresco dall'Eurotower. Più titoli si forniscono, insomma, più cash si ottiene.

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