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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2012 alle ore 06:38.
BRUXELLES. Dal nostro inviato
Anche se non è più premier, anche se la sua immagine è un po' appannata nonostante il proscioglimento nel processo Mills, bisognava far sapere alla più numerosa famiglia politica europea, quella del Ppe, che lui è e «resta sempre Silvio Berlusconi», ossia il maggiore azionista del governo tecnico di Mario Monti il cui operato difende «senza esitazioni» e al quale è legato da «fiducia e cordialità». In questo senso missione compiuta a Bruxelles per Silvio Berlusconi che prende parte alla colazione del Ppe dove incontra, come ai vecchi tempi, la cancelliera tedesca Merkel che saluta con un «ciao Angela» mentre a poche centinaia di metri, nel Palazzo del Consiglio Justus Lipsius, Mario Monti è già sommerso dai dossier dell'Eurogruppo dei ministri delle Finanze che precede il summit Ue.
Berlusconi partecipa all'incontro dei popolari insieme al leader Udc, Pier Ferdinando Casini, che però su twitter, si lascia andare a un «no comment» velenoso sul ritorno di Berlusconi in Europa. L'ex premier interviene più volte nel giro di tavolo del Ppe, si spende per una commissione sulla Tymoshenko, si esibisce nelle consuete intemerate contro la magistratura e l'impotenza dei premier italiani messi in un angolo dalla Consulta ma soprattutto tiene a farsi vedere. E a ribadire, parlando con i giornalisti, la prevalenza della politica e dei partiti sui governi tecnici per quanto diligenti nel dimezzare lo spread. Ora, però, è il momento di sostenere Monti fino al 2013. Il suo lavoro va avanti con successo e apprezzamenti continui come quelli incassati ieri dal presidente del Consiglio Ue, Hermann Van Rompuy e dalla cancelliera Merkel. Su questo Berlusconi non ha dubbi. È sul dopo che si aprono vari scenari senza escludere neppure una grande coalizione con Pd, Pdl e Terzo Polo. È la prima volta che il "cavaliere" immagina una tale possibilità (anche se le agenzie di stampa enfatizzano troppo l'apertura) ma è un'ipotesi legata alle mosse future del Pd e al cammino delle riforme in comune. «Una grande coalizione? - dice Berlusconi - dipende tutto dal Pd. Dipende dalla possibilità di trovare un accordo sulle riforme con la sinistra e l'opposizione». Perché sulle riforme, aggiunge il cavaliere, «aspetto che il Pd si metta al tavolo per discutere di tutto, anche di riforma elettorale». Ma per una nuova legge elettorale c'è anche da sciogliere l'incognita Casini. «Molto dipende da cosa decide di fare Casini - confessa Berlusconi – se viene con noi facciamo solo qualche ritocco altrimenti se va da solo, si fa altro. A quel punto anche un sistema alla tedesca può andare bene». Ma il segretario del Partito demoratico, Pier Luigi Bersani raffredda ogni entusiasmo perché, dice, «un bis dello schieramento che sostiene Mario Monti non esiste in natura». Sull'ipotesi di Berlusconi al Quirinale, Bersani è drastico: «Ognuno è libero di sognare ma non scherziamo..». Il leader della Lega Umberto Bossi ritiene, invece, possibile che il Professore faccia un secondo mandato ma solo perché Napolitano e Berlusconi «sono suoi amici».
Sta di fatto che mentre Monti mette mano ai conti, riduce lo spread (ci sono margini per altre riduzioni secondo Berlusconi) la politica tenta di rinnovarsi con leader adeguati alle nuove sfide. Alfano sarà all'altezza? «Ad Alfano gli vogliono tutti bene - esordisce Berlusconi – però certo gli manca un quid, soprattutto gli manca la storia, io lo sostengo però vediamo...». Quanto alla Lega «sta cercando voti, ha una necessità di identità e per questo ha scelto la strada che sta percorrendo».
Il leader Udc, Casini, guarda invece con speranza alla grande coalizione. «Mario Monti candidato premier nel 2013? Come faccio a dire di no - risponde – penso che una larga coalizione non sia solo la necessità di oggi ma anche di domani. Non credo che in un anno si esauriscano le ragioni che hanno insediato Monti a Palazzo Chigi».
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