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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2012 alle ore 08:12.

Tutto smentisce tranne che il suo attuale partito, il Pdl, possa durare ancora così com'è. Certo, Silvio Berlusconi, ne fa solo una questione di nome «che va cambiato» escludendo di voler creare una nuova forza e di voler sostituire Angelino Alfano ma è chiaro che il Cavaliere sta pensando di rivoluzionare tutto il progetto e "incastrarlo" con il futuro politico di Mario Monti.

Tant'è che ieri molti nel Pdl hanno letto con attenzione le parole di Renato Schifani che non esclude quello che Berlusconi aveva smentito, cioè un Monti-bis anche nel 2013. È chiaro che quell'approdo incrocia la strada di Pier Ferdinando Casini e quindi punta alla riunificazione dei moderati italiani in un'unica lista. I passi decisivi, però, si faranno dopo le amministrative ed, eventualmente, con le riforme istituzionali. Ieri due cose ha messo in chiaro il Cavaliere: che serve un nuovo nome per il Pdl «perché questo non emoziona più» ma che non farà nascere una nuova forza perché «di tutto c'è bisogno tranne che di un altro partito: la lista "Tutti insieme per l'Italia" è un'idea di Giuliano Ferrara, io non ho partecipato».

Ad anticipare il possibile nuovo nome è Gianfranco Rotondi – «penso si chiamerà Italia e Libertà» – mentre Berlusconi continua a puntare sui congressi territoriali – «perché non siamo un partito di plastica» e a confermare la stima per Alfano. «Angelino è bravissimo. Si mangia a colazione, pranzo e cena, tutti i segretari che sono in campo», ha detto al congresso del Pdl milanese smentendo un giudizio che avrebbe dato su Alfano e cioè che gli mancherebbe «un quid». «Non l'ho mai detto» e così manda sul maxischermo un video di 7 minuti sulle sue dichiarazioni a Bruxelles dove «non c'è alcuna dichiarazione su Angelino».
Ma insomma se quello delle smentite e del nuovo nome per il Pdl è un tormentone, lo è anche l'annuncio di futuri accordi sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale. Finora non è accaduto nulla e forse niente accadrà prima delle amministrative. Eppure l'ex premier si sente sicuro: «Ci accingiamo a una possibile trattativa con l'opposizione sulla riforma elettorale e su una modifica dell'architettura istituzionale».

Parla di giustizia, lavoro e anche fisco oltre che ristrutturazione dei poteri dello Stato tra cui la Consulta che «non è più organo di garanzia ma politico». E sempre di riforme ha parlato a pranzo, al ristorante Giannino, dove ai suoi ha detto «non è Monti che deve farle ma noi» e ha annunciato di avere tre progetti: occuparsi del Milan, di una Fondazione per bambini e dell'Università delle libertà. In effetti il tempo ora ce l'avrebbe ma in realtà la presa sul partito – nonostante Alfano – è ancora ben salda. Soprattutto ora che conferma le voci di un nuova svolta, un dopo-predellino.
Di svolta per ora c'è la nuova configurazione del centrodestra, dopo lo strappo con la Lega che durerà almeno fin dopo le amministrative. E ieri di nuovo da Umberto Bossi è arrivata un'altra bordata al Cavaliere paragonandolo a Mussolini per aver detto che «gli italiani disperdono il voto su forze minori come l'Idv o la Lega invece di votare per i due partiti principali».

Qualche incongruenza c'è anche nel campo del Pd e sempre sul premier. «Michele Emiliano che definisce Monti Badoglio ha passato il segno», scriveva Enrico Letta mentre un altro sindaco e più a sinistra di Emiliano – Giuliano Pisapia – ha dato atto a Monti di essere stato «la salvezza» del Paese.

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