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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2012 alle ore 13:39.

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Murales in onore di Lucio Dalla, realizzato dal writer Raffo su muro a Napoli (Olycom)Murales in onore di Lucio Dalla, realizzato dal writer Raffo su muro a Napoli (Olycom)

«Pensa che disastro se morissi adesso che non ho fatto testamento». Rideva Lucio Dalla poco tempo fa, parlando con un suo ex collaboratore di cosa sarebbe successo se fosse morto all'improvviso. Era scaramantico Dalla: sulla sua bara c'era un cornetto rosso, arrivato apposta da Napoli. Forse anche per questa sua caratteristica, forse perché si sentiva in forze e pieno di vita, o forse perché per lui la morte era solo l'inizio del secondo tempo: il testamento non c'è.

Lucio Dalla è morto lasciando dietro di sé un patrimonio che è impossibile stimare ma di cui si presume l'enorme valore. Solo la superficie immobiliare di via D'Azeglio 15, dove abitava: quattro piani e un seminterrato per tremila metri quadrati (di quella casa diceva orgoglioso «incomincia in Piazza Maggiore»). E poi terreni in provincia di Catania, altri in Puglia, la casa alle isole Tremiti (regalo, pare, degli abitanti dell'isola alla mamma del cantautore data in cambio dei suoi servizi di sarta, ma questa del dono forse è leggenda: la casa dove aveva anche uno studio di registrazione, no). I diritti d'autore, di cui è impossibile stabilire il valore economico perché coperti dalla privacy. E poi le opere d'arte che comperava da appssionato di arte moderna e contemporanea: Aspertini, Berruti, Kounellis, Paladino e, pare, un Klimt. Un museo di cui il cantautore andava orgoglioso e che forse avrebbe voluto allargare: giusto pochi giorni fa si era incontrato con il presidente della Fondazione Carisbo, Fabio Roversi Monaco: per avere consigli sulle opere, ma anche, probabilmente, per confrontarsi sulla realizzazione del suo ultimo progetto: la Fondazione Dalla.

Ed è proprio sulla Fondazione, a cui Lucio e i suoi più stretti collaboratori stavano lavorando già da qualche tempo, che è catalizzata l'attenzione. «Per quanto ci riguarda - spiegano dalla PhD, la società del suo manager Bruno Sconocchia - la Fondazione si deve fare e si farà. Del testamento non sappiamo niente, ma la volontà di Lucio era la Fondazione e noi a questo lavoreremo». Conferme circa il proseguimento dei lavori in questo senso lo dà anche Benedetto Zacchiroli, consigliere comunale del Pd e amico fraterno di Lucio Dalla: «Sì, Lucio voleva quella findazione: non era solo un progetto campato in aria. Per quanto mi risulta, anche se ora è tutto troppo recente e il dolore è ancora fresco, la Fondazione Dalla si farà».
Certo è che mancando un testamento come continuano a confermare amici del cantautore che lo conoscevano molto bene, sarà necessario un gentleman agreement tra i diretti eredi, tra cui il cugino Andrea Faccani, uno dei figli dei cinque frateli di Jole Faccani, la madre di Dalla.

Ma se questo auspicato gentleman agreement non ci sarà, sono in molti a scommettere su una guerra all'ultimo centesimo. E proprio per questo fiorire di parenti (domenica a ridosso del funerale una cugina del cantatutore ha dichiarato di averlo visto nascere in casa il 4 marzo di 69 anni prima) si complica la situazione del compagno degli ultimi 8 anni di vita di Lucio Dalla: Marco Alemanno. «Fosse stata una donna - dice a denti stretti un amico comune dei due - il problema si sarebbe posto in maniera diversa. Così sarà difficile che qualcuno gli riconosca un legame e un diritto all'eredità». L'amore, la vicinanza, il sostegno, senza un testamento non bastano. Ma probabilmente, in queste ore a Marco Alemanno, pietrificato dal dolore della perdita del compagno, non è il diritto ad ereditare a togliere la pace e il sonno.

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