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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2012 alle ore 06:37.
BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
La Commissione ha espresso ieri palese irritazione per come la Spagna sta gestendo i suoi conti pubblici, dopo aver annunciato una revisione al rialzo del suo obiettivo di deficit nel 2012. La questione è ritenuta giustamente un test della nuova disciplina di bilancio. Madrid sembra voler guadagnare tempo (una scelta che le autorità comunitarie e i suoi partner potrebbero a un certo punto concederle).
La deriva dei conti pubblici in Spagna è «seria e grave», ha detto ieri il portavoce della Commissione Amadeu Altafaj. La Spagna ha annunciato che il disavanzo nel 2011 è stato pari all'8,5% del prodotto interno lordo, rispetto a un obiettivo del 6%. Nel contempo, il premier Mariano Rajoy ha annunciato venerdì che il suo target per il 2012 sarà del 5,8%, e non del 4,4% del Pil, come preventivato.
L'annuncio ha sorpreso non poco a Bruxelles, tenuto conto anche del fatto che Rajoy ha sottolineato di non avere informato in precedenza i suoi partner europei: «Non ho comunicato la mia decisione ai capi di Stato e di Governo perché non lo devo fare. È una nostra decisione sovrana», ha spiegato il primo ministro. In realtà nuove regole di bilancio impongono maggiore controllo reciproco che in passato.
In questo senso, la presa di posizione non è piaciuta. Spiegava ieri un esponente comunitario che il presidente della Commissione José Manuel Barroso e il commissario agli affari monetari Olli Rehn sono per ora nella posizione «nella quale non si negozia nulla e si apre invece una procedura di deficit eccessivo». A Bruxelles c'è chi si interroga sulla bontà dei dati resi pubblici finora dal Governo spagnolo.
Ieri Altafaj ha fatto notare che in tre mesi la stima sul deficit 2011 è passata dal 6,0% all'8,0% e poi all'8,5% del Pil. E ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di cifre solide per fare una valutazione completa. Appena avremo fatto chiarezza sulle cifre la Commissione farà la sua analisi, la presenterà e se necessario farà la sua raccomandazione ai sensi dell'articolo 126», una norma che prevede sanzioni per i Paesi in deficit eccessivo.
La situazione è delicata. La Spagna prevedeva per quest'anno un deficit del 4,4% sulla base di una crescita del 2,3%. Il Paese dovrebbe invece subire una recessione dell'1,0% ed è alle prese con un'elevata disoccupazione. In cuor loro molti Paesi capiscono che ridurre il disavanzo è difficile. Al tempo stesso nessuno vuole mettere a rischio la credibilità delle nuove regole di bilancio, tanto meno quei Paesi che stanno facendo sforzi dolorosi.
A dire il vero, Rajoy non ha mai messo in dubbio l'obiettivo di portare il deficit sotto al 3,0% del Pil nel 2013. Anzi da Madrid ha spiegato che la Spagna vuole rispettare «scrupolosamente» i suoi impegni, riducendo il deficit strutturale dell'1,5% del Pil all'anno. La situazione è difficile, non solo per la crisi sociale in Spagna ma anche perché la deriva del disavanzo è dovuto soprattutto ai conti regionali, difficili da controllare.
Parlando a fianco di Rajoy, il segretario generale dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) Angel Gurría ha preso le difese del padrone di casa: «La Spagna non ha abbandonato alcunché», rimanendo impegnata a raggiungere il 3,0% nel 2013. «L'obiettivo ultimo non è stato rivisto; a cambiare forse è il ritmo con il quale lo si raggiunge: è un problema tecnico, una questione di dettaglio».
In questo momento la Spagna sembra voler guadagnare tempo: presentare il piano di stabilità entro il 15 aprile, ricevere a metà anno l'eventuale raccomandazione della Commissione di rimettere ordine nei conti 2012 nel giro di sei mesi e aspettare fine anno prima di agire, confermando a quel punto l'obiettivo del 3,0% nel 2013. Capiremo a breve se la Commissione è pronta ad assecondare questa possibile strategia.
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