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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 13:48.

MILANO - Doppia bufera, dentro il Pirellone. L'inchiesta che vede come protagonista il leghista Davide Boni – tra i volti più noti del Carroccio, a cui non è mai stata chiaramente appiccicata né l'etichetta di "maroniano" né quella di "bossiano" – mette prima di tutto in discussione un partito che, nato negli anni di Tangentopoli, cavalcò la cosiddetta "questione morale", ma che venti anni dopo si ritrova a subire un'indagine per finanziamento illecito. Un contrappasso, questo, che è destinato a mettere seriamente in discussione il Carroccio e i suoi equilibri interni.

La seconda bufera riguarda tutta la Regione Lombardia. Questa è l'ottava inchiesta, nel giro di tre anni, che ha coinvolto, direttamente o indirettamente, il Pirellone. E, per essere più precisi, Boni è il quarto assessore indagato. Il primo è stato Pier Gianni Prosperini, ex assessore allo Sport, Pdl, indagato per un giro di tangenti legate alla promozione turistica regionale (finita col patteggiamento); il secondo è Franco Nicoli Cristiani, Pdl, ex assessore all'Ambiente e Commercio, anche lui indagato per corruzione; il terzo è stato Massimo Ponzoni, Pdl, ex assessore all'Ambiente, accusato di bancarotta fraudolenta e corruzione. Ora tocca al leghista Boni.
Ma c'è una coincidenza ancora più sinistra, ed è quella che riguarda l'ufficio di presidenza del consiglio regionale lombardo, in modo politicamente trasversale. Boni è presidente del consiglio, mentre Nicoli Cristiani e Ponzoni ne erano i vicepresidenti, così come Filippo Penati, ex Pd, indagato per concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti dalla procura di Monza, dentro l'inchiesta sul cosiddetto "sistema Sesto San Giovanni".

Naturale, quindi, che in Lombardia si cominci a parlare di elezioni anticipate. Ufficialmente a chiederle è l'opposizione regionale di centrosinistra, che di fronte all'ennesima inchiesta sugli avversari invoca dimissioni e voto. Ma negli ambienti politici di entrambi gli schieramenti tutti si aspettano le elezioni nazionali nel 2013, e, di conseguenza, le elezioni regionali anticipate (la scadenza naturale della legislatura sarebbe altrimenti nel 2014). Il presidente della Lombardia Roberto Formigoni potrebbe infatti candidarsi per andare Roma, lasciando spazio in Regione a uomini nuovi.
Per il centrodestra sembrano ad oggi possibili candidati Maurizio Lupi, di area Cl, o Guido Podestà, attuale presidente della provincia di Milano, esponente della cosiddetta area laica del Pdl. Per il centrosinitra a scaldare i motori potrebbe essere Bruno Tabacci, parlamentare di Api e assessore al Bilancio di Milano, che ormai è visto come l'uomo di riferimento della giunta guidata da Giuliano Pisapia.

Il governo lombardo rischia quindi di implodere prima del tempo sotto il peso di tutte queste inchieste. Ma prima di tutto, in questi giorni, il centro della scena sarà occupato dalla questione della Lega, dove la bufera si sta trasformando, ora dopo ora, in un vero e proprio uragano.
Le indagini stavolta presentano infatti una novità inattesa: non si parla di corruzione individuale e di arricchimenti personali. L'inchiesta ricorda piuttosto un modello già visto 20 anni fa, nella stagione di Mani pulite, quando si parlava di partiti più che di singoli esponenti. E dentro il Carroccio si tratta di un vero e proprio choc.
Le reazioni sono di vario segno. In via Bellerio, sede storica del Carroccio lombardo, la reazione più naturale è stata la dietrologia, la riflessione su possibili scenari politici, sul «tempismo» dimostrato dalla magistratura. La dichiarazione di Matteo Salvini, europarlamentare, tra i politici più noti della Lega, è esplicita: «Non sono un complottista, ma posso dire che è sicuramente una coincidenza strana che si stia montando tutto un sistema intorno alla Lega, che è anche l'unica forza politica d'opposizione». Diverse le parole di Stefano Galli, capogruppo in regione del partito, che parla di «dimissioni opportune».

Fino ad ora i messaggi postati sul profilo Facebook di Boni dal popolo padano sono di incredulità e di solidarietà (da «non ci credo» a «sei uno dei pochi che merita rispetto» a Ten dur Davide»). Rimane però un fatto: per i militanti verdi parlare di corruzione è un fatto inaccettabile. E i vertici del Carroccio lo sanno bene, soprattutto di fronte alla prospettiva di elezioni anticipate. Per questo non si esclude che il partito possa ufficialmente chiedere a Boni un passo indietro (una decisione che potrebbe essere presa tra oggi e domani).

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