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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 06:42.

BRUXELLES - Dopo mesi di confronto acceso, sei potenze internazionali hanno deciso di riallacciare le trattative con l'Iran. Ieri l'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell'Unione, Catherine Ashton, ha annunciato di avere accettato l'offerta iraniana di tornare al tavolo dei negoziati. L'annuncio è stato accolto positivamente sui mercati: ieri il prezzo del petrolio è calato sensibilmente.

Da anni l'Iran è accusato dall'Occidente di volersi dotare dell'arma nucleare in violazione dei trattati internazionali. A metà febbraio, il negoziatore iraniano Saeed Jalili aveva scritto alle sei potenze internazionali del Gruppo 5+1, dicendosi pronto a nuove trattative e promettendo «nuove iniziative». Ieri la signora Ashton ha risposto positivamente: «Ho offerto all'Iran di tornare a discutere della questione nucleare».

La presa di posizione giunge dopo che all'inizio di questa settimana il presidente americano aveva aperto la porta a nuove trattative. Incontrando il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Washington, Barack Obama aveva fatto capire lunedì di non voler perseguire in questo momento la via militare contro il regime iraniano, nonostante le pressioni israeliane per un atteggiamento più aggressivo.

«Negli ultimi tre anni - ha ribadito ieri il presidente americano alla Casa Bianca - abbiamo dato vita a una serie senza precedenti di sanzioni contro l'Iran, che ha avuto un effetto paralizzante». E ha aggiunto: «La mia politica è quella di impedire che l'Iran abbia un'arma nucleare, ma abbiamo una finestra di opportunità per risolvere la questione diplomaticamente (…) La guerra non è un gioco».

In rappresentanza di sei potenze (Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina), la signora Ashton ha spiegato il suo obiettivo principale, almeno in una prima fase dei colloqui: «Creare fiducia sviluppando passi concreti e pratici». Di recente, l'Unione ha varato una nuova serie di sanzioni contro l'Iran che potrebbero avere indotto Teheran ad ammorbidire la sua posizione.

Esponenti comunitari spiegavano ieri sera a Bruxelles che i nuovi colloqui non potranno iniziare prima di tre settimane, superato il capodanno iraniano del 20 marzo. Le discussioni giungono dopo che una prima serie di trattative si erano arenate nel gennaio del 2011. Il mondo occidentale è convinto che il regime iraniano voglia dotarsi di un'arma nucleare da utilizzare contro Israele. Teheran nega.

Da Gerusalemme, il portavoce del Governo israeliano ha criticato l'idea di un nuovo round di trattative: «Il nostro timore è che Teheran riapra le trattative pur continuando le ricerche sull'uranio arricchito». Dal canto suo l'Iran ha annunciato che permetterà alle Nazioni Unite di visitare il sito militare segreto di Parchin nel quale si presume siano stati effettuati test nucleari. Tuttavia, ha precisato, la visita potrà avvenire solo dopo un accordo internazionale.

In questo senso, molti diplomatici europei ieri restavano guardinghi sul reale esito delle nuove trattative, memori di come siano fallite in passato. Ciò detto, la reazione dei mercati è stata positiva. Il prezzo del greggio è diminuito, e ieri sera il Brent oscillava intorno ai 122 dollari al barile, mentre il Nymex West Texas Intermediate con scadenza aprile aveva un prezzo di 105 dollari al barile.

Dopo aver toccato un minimo degli ultimi 12 mesi il 4 ottobre 2011, il prezzo del greggio è salito del 41%, in parte a causa delle tensioni nel Golfo Persico, e in parte per via della crescente domanda in Cina e negli Stati Uniti. In questo senso, la partita diplomatica che si aprirà nelle prossime settimane è tanto politica quanto economica in un contesto nel quale la congiuntura occidentale rimane sempre molto fragile.

http://eeas.europa.eu/news/index_en.htm

La lettera di Catherine Ashton
Elemento portante del budget iraniano (su cui pesano per circa l'80%), le entrate petrolifere hanno registrato una decisa ripresa dopo la crisi del 2009, toccando quota 100 miliardi l'anno scorso
Nel 2010 l'Iran esportava 2,2 milioni di barili al giorno con Cina, Giappone e India primi tre clienti: un dato che fa capire come senza il loro coinvolgimento sia difficile un embargo efficace

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