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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2012 alle ore 08:23.

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La Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, su richiesta della Dda, ha eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere nell'ambito della nuova inchiesta sulla strage del 19 luglio del 1992 in via D'Amelio, dove furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta (Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Eddie Walter Cusina). I provvedimenti a firma del Gip di Caltanissetta, Alessandra Giunta, riguardano il capomafia palermitano Salvatore Madonia, 51 anni, Vittorio Tutino, 41 anni, Salvatore Vitale, 61 anni, tutti già detenuti, e l'ex pentito di Sommatino (Caltanissetta), Calogero Pulci, 52 anni. Salvatore Madonia è considerato uno dei mandanti della strage, e a lui è contestata anche l'aggravante di aver organizzato la strage di via D'Amelio per fine terroristici, con la finalità di indurre lo Stato a trattare con Cosa nostra sotto l'urto di un'azione eclatante. Pulci, invece, deve rispondere solo di calunnia aggravata perchè nel processo «Borsellino Bis», in appello, incolpò falsamente Gaetano Murana di aver partecipato alle fasi esecutive dell'attentato di via D'Amelio. Murana venne poi condannato all'ergastolo.

La ricostruzione della stagione stragista è frutto del lavoro investigativo condotto da un pool di magistrati nisseni, guidato dal procuratore Sergio Lari, dagli aggiunti Domenico Gozzo e Amedeo Bertone e dai sostituti Nicolò Marino, Gabriele Paci e Stefano Luciani. Secondo i magistrati il giudice Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso perchè il boss Totò Riina lo riteneva un «ostacolo» alla trattativa con esponenti delle istituzioni, che gli «sembrava essere arrivata su un binario morto» e che per questo il boss dei boss voleva «rivitalizzare» con la stagione delle stragi. I magistrati hanno raccolto riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che è stato ritenuto attendibile e si è attribuito un ruolo nella preparazione dell'attentato di via D'Amelio, ammettendo di aver rubato la Fiat 126 che venne poi usata come autobomba per assassinare Borsellino. Il Gip ha invece rigettato la richiesta della Procura di emettere un'ordinanza di custodia cautelare anche per Maurizio Costa, 46 anni. Secondo Spatuzza, sarebbe lui il meccanico che avrebbe sistemato le ganasce della Fiat 126. Costa, interrogato e messo a confronto con Spatuzza, ha negato ogni cosa. Il meccanico è stato iscritto nel registro degli indagati per false dichiarazioni al pubblico ministero e favoreggiamento.

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