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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2012 alle ore 07:49.

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Si chiude il cerchio intorno al tesoretto che l'ex tesoriere della Margherita, il senatore Luigi Lusi, avrebbe sottratto alle casse del partito. Ai 13,5 milioni finora noti se ne aggiungono altri 6,3, per un totale di quasi 20 milioni. E non è escluso che il complesso delle somme sottratte possa salire ancora, visto che sono in corso ulteriori verifiche su «una serie di bonifici sospetti» e su altri 3,5 milioni di euro di assegni in bianco staccati da Lusi e provenienti dal conto intestato alla Margherita presso la filiale Bnl di Palazzo Madama. È quanto emerge dal decreto con cui ieri il procuratore aggiunto di Roma, Alberto Caperna, e il pm Stefano Pesci hanno disposto in via d'urgenza il sequestro di una villa ad Ariccia del valore di 2,5 milioni il cui usufrutto, di cui Lusi era il reale beneficiario, era intestato fittiziamente alla nipote acquisita del senatore, 2 milioni di euro depositati presso un conto Allianz Bank intestato alla moglie di Lusi, Giovanna Petricone, e 5 appartamenti a Capistrello, il paese natale dell'ex tesoriere in provincia di L'Aquila.

Ieri l'ex tesoriere, intervenendo alla trasmissione di Michele Santoro, "Servizio pubblico", ha replicato alle accuse. «Questa partita è molto più grande, questa partita fa saltare il centrosinistra. Tutti sapevano tutto. O, meglio, chi lo doveva sapere lo sapeva» ha attaccato Lusi. «Ho gestito 214 milioni di euro del partito – ha proseguito il senatore - e ne ho lasciati 20 in cassa. Facciamo finta che ne abbia presi 7, poi ho pagato 6 milioni di tasse e arriviamo a questi famosi 13 milioni. Ne rimangono altri 181. Dove sono finiti?». Quanto alla presa di distanze dell'ex presidente della Margherita, Francesco Rutelli, Lusi ha detto: «Se ho finanziato Rutelli da quando è andato all'Api? La cosa incredibile è che se tu hai raccolto 100 lire per strada e te le tieni in tasca, poi ti metti pure a dire che è giusto restituire i soldi che trovi per terra e che non sono tuoi. Stai zitto, no? E invece lui parla». Ancora: «Ho mantenuto la cassa perché me l'hanno fatta mantenere, perché eseguivo ciò che mi veniva detto di fare».

La replica della Margherita è affidata all'avvocato Titta Madia: «Le affermazioni di Lusi vorrebbero essere intimidatorie, ma vanamente. Siamo stati proprio noi a sollecitare ai pm i provvedimenti di sequestro con il deposito, il 7 marzo, di una nota in cui abbiamo sostenuto che Lusi, attraverso il quotidiano Libero, abbia mandato messaggi apparentemente intimidatori. Ma noi non abbiamo nulla da temere. Con le sue parole Lusi non fa che aggravare la sua posizione». Il riferimento è agli articoli in cui si parlava di finanziamenti per le campagne elettorali del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, e dell'ex presidente dell'Assemblea federale dei Dl, Enzo Bianco. Proprio tali messaggi "intimidatori", insieme al fatto che Lusi e la moglie «sono più volte intervenuti sui propri beni in momenti topici delle indagini» sono tra i «segnali preoccupanti» che hanno indotto i Pm a disporre il nuovo sequestro.

Dalle 15 pagine del provvedimento eseguito dal Nucleo di polizia tributaria della Gdf, guidato da Virginio Pomponi, emerge che il quadro probatorio a carico di Lusi si è fatto molto più pesante. Il senatore adesso risulta indagato, oltre che per appropriazione indebita, anche per trasferimento fraudolento di beni, in concorso con la moglie Giovanna Petricone, il cognato Francesco Giuseppe Petricone e la nipote Micol D'Andrea, che è accusata con lo zio anche di intestazione fittizia di beni in relazione alla villa di Ariccia. Alla moglie e al cognato è contestato anche il riciclaggio (reato che i pm stanno valutando se imputare anche a Lusi) per avere ricevuto dal conto della Margherita 1,6 milioni poi girati alla società canadese Luigia Ltd amministrata dal fratello. Per i pm, in 5 anni Lusi ha staccato dal conto della Margherita assegni in bianco per 11 milioni. I pm hanno accertato che 5,3 milioni sono sicuramente andati a Lusi, il quale forse si è appropriato anche del resto. Grazie alla complicità dei commercialisti della sua società TTT (ora indagati), con i quali, secondo i magistrati, ha posto in essere «artifici contabili» per eludere i controlli.

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