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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2012 alle ore 08:11.

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Immaginate di acquistare una polizza assicurativa contro il furto della vostra auto. Immaginate che un giorno un ladro porti via la carrozzeria e un altro giorno i sedili, lasciando alla fine solo il volante e poco altro. Immaginate che la compagnia assicurativa non vi rimborsi il danno per mesi e mesi. Questo è più o meno quanto accaduto a chi aveva acquistato i «credit default swap» sulla Grecia. I Cds sono speciali polizze che risarciscono gli investitori nel caso in cui uno Stato finisca in default. Ebbene: nonostante le tante e dolorose ristrutturazioni del debito effettuate da luglio, solo ieri sera i Cds sono scattati. Motivo: solo ieri è venuta meno la «volontarietà» degli investitori, nel momento in cui la Grecia ha imposto la ristrutturazione del debito anche a chi non l'aveva accettata spontaneamente. La parola fine a questa lunga agonia dei Cds è stata messa ieri sera dall'Isda, una sorta di "Confindustria" internazionale dei derivati.

Questa lunga manfrina porta con sé numerose conseguenze. La prima è ovvia: i Cds sugli Stati sovrani sono ormai da molti considerati quasi carta straccia. Che senso ha per un investitore acquistare un'assicurazione, se poi anche uno Stato di fatto in default da mesi come la Grecia viene tenuto artificialmente in "bonis" per mesi e mesi? Ovvio che gli investitori useranno meno i Cds, anche su altri Stati in crisi. E i dati della Dtcc, per esempio sul Portogallo, lo dimostrano: nell'ultimo anno i credit default swap sui debiti Lisbona sono diminuiti da 78 miliardi di valore nominale lordo a 64 miliardi. Questo minor utilizzo dei Cds sugli Stati (che per certi versi riguarda anche Spagna e Italia) da un lato è positivo, perché i Cds sono molto spesso usati per speculare contro gli Stati. Purtroppo, però, potrebbe avere anche potenziali effetti negativi: d'ora in avanti chi vorrà ridurre il rischio su Italia, Spagna o Portogallo sarà più incentivato a vendere i loro titoli di Stato piuttosto che a comprare polizze assicurative.

C'è poi una seconda riflessione. L'Isda, l'associazione dei derivati che ieri sera ha sentenziato il default greco, è composta dalle maggiori banche e dai maggiori gruppi finanziari del mondo. Le stesse istituzioni che controllano l'intero mercato, che fanno i prezzi, che quotano i Cds, sono insomma anche quelle che scrivono le regole del gioco e che decidono quando devono scattare i rimborsi. Insomma: fanno tutto loro. Questo potrebbe anche andare bene, se non fosse che i Cds sono tra gli strumenti finanziari meno trasparenti al mondo: non sono quotati su listini regolamentati, nessuno sa quanto scambino ogni giorno, per alcune società superano l'ammontare stesso dei debiti. Non è mai stato scoperto un caso di insider trading o di aggiotaggio sui Cds, semplicemente perché questi strumenti si muovono nella nebbia più profonda. Purtroppo, però, questi derivati influenzano il destino di interi Stati. Perché non si coglie il caso greco per rimettere veramente mano a questo gigantesco mercato? Per esempio concentrando gli scambi su listini regolamentati o istituendo autorità terze: guadagnerebbero gli investitori, gli Stati, il mercato.

m.longo@ilsole24ore.com
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