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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2012 alle ore 15:11.

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Il rischio Grecia resta molto alto anche dopo il maggior swap della storia e il primo da cinquant'anni di un Paese sviluppato che taglia della metà il maxi-debito da 206 miliardi di euro in mano ai privati sia istituzionali che retail. I venti tipi di nuovi bond con scadenza da 11 anni a 30 anni e interessi variabili che saranno emessi domani da Atene in base allo swap sono già quotati sul cosiddetto "grey market", a interessi, che si muovono inversamente al prezzo, dal 18% al 22,6%, meno del 39% che Reuters dava al già esistente bond greco a 10 anni, ma più elevato del 14% del bond decennale portoghese.

Un chiaro segnale di come il mercato non sia né euforico né tanto meno disperato, ma conservi un approccio molto prudente sullo swap che ha richiesto sette mesi di trattative con l'Iif di Charles Dallara per giungere in porto.
«Ci si aspetterebbe che i rendimenti sui nuovi bond greci siano simili ai livelli del Portogallo, dove il rapporto debito-Pil è di circa 116% – spiega un trader –. Ma il mercato prezza un premio più alto di rischio su Atene perché riflette l'incertezza sulle prossime elezioni greche previste ad aprile e non crede all'implementazione delle riforme a causa della forte resistenza dei sindacati».
Sono in molti a mettere in discussione il risultato della messa in sicurezza della Grecia; cominciano a pensare che dopo un primo piano di aiuti da 110 miliardi, seguito oggi da un secondo 130 miliardi, ne servirà tra un anno un terzo.

Secondo un rapporto di Christoph Weil, economista di Commerzbank, «se l'economia greca cresce in media solo dello 0,4%, piuttosto che dello 0,9%, nel periodo 2012-2020, il rapporto tra debito e Pil scenderà solo al 127% rispetto al 120 prefissato dall'Fmi entro il 2020». Inoltre «se l'avanzo primario di bilancio arriva al 1,7% invece del previsto 2,2% del Pil, il rapporto debito-Pil resterà al 129%. A questo punto l'Fmi richiederà probabilmente un'altra ristrutturazione del debito pubblico come prerequisito per ulteriori finanziamenti», conclude pessimista Weil.
Anche per Daniel Gros, direttore del Ceps di Bruxelles, «ci sarà bisogno di un terzo salvataggio greco tra un anno, ma questa volta a carico degli Stati che decideranno senza far troppo rumore nel corso di un summit europeo dedicato ad altro tema di allungare la scadenza del debito o ridurre gli interessi dei prestiti».

«L'operazione di swap del debito greco è stata un successo e, anche se non si possono del tutto escludere altri aiuti in futuro, non credo che ad Atene servirà un ulteriore pacchetto di salvataggio», dice cauto il componente del Consiglio direttivo della Bce, Ewald Nowotny che deve gestire il salvataggio della prima "vittima" dei Cds greci – dopo il via libera ai risarcimenti da parte dell'Isda, l'associazione dei derivati – con un'iniezione di un miliardo di euro a favore di KA Finanz, la bad bank di Kommunalkredit Austria, banca nazionalizzata nel 2008.
Senza contare che il deficit di Atene ha raggiunto l'11,5% del Pil nel 2011, la disoccupazione è salita di 6,2 punti percentuali toccando il 21%, il Pil è sceso del 7% l'anno scorso, gli investimenti sono crollati del 21% e il 30% dei negozi nel centro di Atene hanno chiuso. A questo punto la crisi greca cessa però di essere un problema di esposizione per gli investitori privati che non hanno più in vista scadenze per limitarsi a un problema di rapporti politici tra Atene e troika (Fmi, Ue e Bce). Il rischio di uscita dall'Eurozona è ridotto e eventuali sforamenti dovrebbero essere più facili da gestire, con riscadenzamento di crediti o taglio dei tassi.
v.darold@ilsole24ore.com

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