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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2012 alle ore 06:43.

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ROMA
Un altro pezzo che si aggiunge al tragico puzzle del biennio 1992-1993. Dopo l'ordinanza della Procura di Caltanissetta che di fatto, riscrive la storia della strage di via D'Amelio, anche i giudici fiorentini, nelle motivazioni della sentenza per il boss Francesco Tagliavia, accusato delle bombe del 1993, mettono un tassello. Nei primi anni '90 la trattativa tra Stato e Cosa nostra «indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des. L'iniziativa fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia».
Un «quadro disarmante che proietta ampie zone d'ombra sull'azione dello Stato nella vicenda delle stragi». A rilevarlo è la Corte d'assise di Firenze, dopo aver ripercorso alcune dichiarazioni degli ex ministri Nicola Mancino e Giovanni Conso e dell'ex direttore del Dap Nicolò Amato. I giudici fiorentini definiscono anche «incomprensibile come apparati di governo si muovessero in un modo così incerto e scoordinato rispetto alla drammatica situazione in cui versava il Paese». La Corte fa riferimento alla revoca o al mancato rinnovo del 41-bis nei confronti di alcuni mafiosi, con decisioni che «prestano il fianco a molte considerazioni critiche per la loro singolarità e diacronia rispetto a quanto sarebbe stato da attendersi in un momento così allarmante».
Per i giudici, «quello che sconcerta nella vicenda è la tempistica e il parallelismo dei percorsi tra lo sviluppo della trattativa, per come emergente dalle dichiarazioni e quei provvedimenti ablatori del regime del carcere duro, che oggettivamente in quel contesto potevano apparire come sintomo di un cedimento alla mafia».
Al processo contro Francesco Tagliavia «non ha trovato consistenza l'ipotesi secondo cui la nuova entità politica, Forza Italia» si sarebbe addirittura posta come mandante o ispiratrice delle stragi». Lo scrivono i giudici fiorentini nelle motivazioni della sentenza. Il fatto che Forza Italia non sia stata «mandante o ispiratrice delle stragi», secondo i giudici della Corte d'assise di Firenze non esclude «che una svolta nella direzione politica del Paese» arrivata con la nascita del nuovo partito, «fosse stata vista dalla mafia come una chance per affrancarsi dalla precedente classe dirigente in declino». Un'ipotesi che, scrivono ancora i giudici, «parimenti non rende impossibile che un canale di interlocuzione si fosse aperto con quel nuovo partito, o anche solo con alcuni suoi esponenti di rilievo».
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LE ZONE D'OMBRA

La scia di sangue
Fu l'omicidio di Salvo Lima a Palermo, ad aprire vent'anni fa (era il 12 marzo 1992) la stagione del terrorismo mafioso. Dopo l'omicidio Lima vennero le stragi di Capaci e via D'Amelio e le bombe di Milano, Roma e Firenze
La trattativa
Nella motivazione della sentenza nel processo a Francesco Tagliavia per le stragi del '92-'93 si legge che l'iniziativa della trattativa «fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia». La Corte d'assise di Firenze fa riferimento alla revoca o al mancato rinnovo del 41 bis

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