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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2012 alle ore 06:38.

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I direttori del Tesoro degli stati membri della zona euro dovrebbero riunirsi in teleconferenza domani per firmare il via libera definitivo. Nel contempo giovedì il consiglio di amministrazione del Fondo monetario internazionale dovrebbe dare il suo benestare alla proposta del direttore generale Christine Lagarde di un contributo pari a 28 miliardi. La partecipazione è proporzionatamente inferiore a quella offerta in occasione del primo paracadute greco.
Juncker ha ammesso che la zona euro è «dipendente» della scelta dell'Fmi, ma si è detto certo che nel board del Fondo vi sia una «schiacciante» maggioranza a favore del secondo pacchetto, tenuto conto anche del fatto che le ultime stime mostrano un debito greco al 117% del Pil nel 2020, anziché al 120%. In questo contesto, l'Eurogruppo discuterà del potenziamento del fondo di stabilità Esm a fine mese. Il commissario agli affari economici Olli Rehn si è detto «fiducioso» su un accordo.
Rehn ha ribadito più volte l'importanza di rafforzare l'Esm che secondo molti in Europa dovrebbe avere una dotazione di 750 miliardi di euro (e non di 500 miliardi). Un'intesa su questo fronte è stata bloccata finora dalla Germania. Le misure di risanamento decise da molti paesi, «specialmente Italia e Spagna», hanno avuto un impatto positivo sui mercati finanziari, ha detto il commissario, ma «non siamo ancora fuori pericolo».
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L'ULTIMO PACCHETTO Il tira e molla su Atene
NEGOZIATO INFINITO
Che il primo pacchetto di aiuti da 110 miliardi, varato con difficoltà a maggio del 2010, non sarebbe bastato a salvare Atene, lo si cominciò a capire dopo qualche mese, ma divenne certo nell'estate del 2011.
Il 21 luglio viene raggiunta una faticosa intesa per accordare alla Grecia altri 109 miliardi, che diventano 130 (circa 110 dalla Ue e circa 20 dall'Fmi) il 26 ottobre.
Passano ancora mesi di negoziati, la decisione finale sul nuovo pacchetto di aiuti, osteggiato dalla Germania, viene subordinata a una serie di condizioni, una delle quali è il concambio dei titoli di debito greco in mano agli investitori privati. La data limite per raggiungere questa intesa slitta più volte, fino ad arrivare a ridosso dell'unico appuntamento che non può essere rinviato, quello con il mercato: il 20 marzo scadranno 14,4 miliardi di obbligazioni che Atene non è in grado di rimborsare.
LA RIPARTIZIONE
APPESI ALL'FMI
Superato l'esame dello swap del debito, l'8 marzo, tutto sembrava pronto per la decisione finale dell'Eurogruppo. Ma la riunione che avrebbe dovuto accendere la luce verde sul nuovo pacchetto di aiuti, venerdì scorso, è stata trasformata in una teleconferenza che si è limitata a prendere atto del successo del concambio. Quanto agli aiuti, tutto è stato rimandato a ieri, nell'attesa che l'Fmi deliberi sulla propria quota.
Ieri, però i leader dell'Eurozona hanno però deciso nuovamente di prendere tempo. Secondo il presidente dell'Eurogruppo Jean Calude Juncker l'approvazione del pacchetto arriverà «sicuramente domani».
IL PRIMO PACCHETTO L'ACCORDO DI MAGGIO 2010
Il primo piano di aiuti alla Grecia risale ormai a quasi due anni fa: era il maggio del 2010 quando, dopo un lungo e difficile negoziato, Unione europea e Fondo monetario internazionale accordano un prestito da 110 miliardi (80 miliardi dagli Stati europei e 30 dall'Fmi).
Un traguardo tagliato con difficoltà: il primo scoglio da superare è stata la partecipazione del Fondo monetario, osteggiata da alcuni Paesi dell'Eurozona, che volevano dimostrare di poter fare da soli.
Ad aprile del 2010 il pacchetto in discussione era ancora "solo" di 45 miliardi (30 dalla Ue e 15 dall'Fmi): su questa somma, l'ok dell'Eurogruppo era arrivato il 12 aprile, dopo due summit e una mezza dozzina di incontri ministeriali.
Qualche summit dopo, un vertice tenutoi nel finesettimana del tra il 1° e il 2 maggio, porta la cifra ai 110 miliardi di euro del pacchetto finale.
LA RIPARTIZIONE
TRA ELEZIONI E TRIBUNALI
Già il 12 aprile, il giorno dell'accordo sui 45 miliardi (che poi diventeranno 110), il Governo di Berlino cominciò a frenare sul pagamento. La maggioranza era preoccupata per le elezioni locali in programma a maggio. E di lì a poco, la decisione di concedere prestiti a tassi agevolati venne impugnata da quattro giuristi davanti alla Corte costituzionale tedesca. Insomma, alla difficile la decisione sul pacchetto seguì una più sofferta erogazione dei prestiti subordinata all'ok dei Parlamenti nazionali e agli umori delle opinioni pubbliche. La Finlandia arrivò a chiedere che Atene offrisse i suoi monumenti come garanzia

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