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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2012 alle ore 06:37.

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ROMA
Quando, pochi minuti prima delle 20, Angelino Alfano varca il portone di Palazzo Chigi per partecipare assieme a Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini al vertice organizzato da Mario Monti, il segretario del Pdl ha già anticipato quanto di lì a breve avrebbe ripetuto durante il convivio: «Sì alla riforma del mercato del lavoro, no all'aumento dei costi per le imprese». Una linea messa a punto fin dal mattino con lo stato maggiore del Pdl, in una riunione svoltasi a via dell'Umiltà dove si è ribadita la volontà di lasciare all'ultimo posto i capitoli Rai e giustizia. Ma come ha ricordato il leader dell'Udc, l'agenda «la decide Monti» e Alfano sa che il premier vuole strappargli anche qualcosa sul Cda di viale Mazzini e sul ddl anticorruzione. Per limitare i danni il Pdl deve dunque mostrarsi disponibile su altri fronti e la riforma del mercato del lavoro offre ampi margini, soprattutto perché in cima alle priorità del professore.
Nonostante le perplessità degli ex An, il segretario ha dato infatti a Monti (ancor prima del vertice) ampia disponibilità a trovare un accordo sulla riforma che – ci tiene a ribadire l'ex Guardasigilli – resta al primo posto dell'agenda. Il Pdl però si candida a rappresentare le istanze delle piccole imprese. «Non accetteremo mai un accordo che anziché puntare a modernizzare il nostro mercato del lavoro attraverso maggiore flessibilità anche in uscita, si limiti a piccoli ritocchi per accontentare la Cgil e le grandi imprese caricando sulle piccole il prezzo dell'intesa», commentava poco prima dell'inizio del vertice Massimo Corsaro, vicepresidente vicario dei deputati pidiellini ed esponente dell'ala dura degli ex An.
Il Pdl, come il Pd, ha bisogno di marcare la propria diversità all'interno della "strana" maggioranza che sostiene Monti, la quale in qualche caso riesce a muoversi di comune accordo. Lo dimostra l'interpellanza parlamentare, presentata dallo stesso Corsaro assieme al democratico Francesco Boccia, in cui si chiede al governo di offrire un sostegno concreto ai piccoli risparmiatori italiani in possesso di bond greci, che rischiano di perdere oltre il 70% di quanto investito a seguito dell'accordo intervenuto nei giorni scorsi a Bruxelles.
Il più disponibile a sostenere il governo nella sua opera di risanamento resta comunque Casini. Anche il leader dell'Udc chiede però al premier (e al ministro Fornero) di prestare particolare attenzione alle preoccupazioni espresse da artigiani e commercianti, che temono l'incremento dei contributi e quindi un significativo aumento del costo del lavoro. Casini è anche l'unico a perorare esplicitamente la causa della «grande coalizione». Lo ha fatto anche ieri: «L'armistizio è necessario e deve andare avanti», ha sottolineato, auspicando di poter continuare "dopo Monti" a lavorare assieme a Pd e Pdl. Un obiettivo cui né Alfano né Bersani al momento possono contribuire, viste le difficoltà interne e l'imminenza del test elettorale di primavera.
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