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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2012 alle ore 07:37.

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ROMA - Il fallimento del tentativo di mediazione tra i sindacati sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori rende più difficile il raggiungimento di un accordo con il governo sulla riforma del mercato del lavoro.
Ieri mattina nelle due ore di confronto sul principale nodo, i licenziamenti disciplinari, si è risolto in un nulla di fatto il tentativo di Raffaele Bonanni di individuare una proposta unitaria che potesse conciliarsi con la linea dell'Esecutivo.

A Cgil e Uil che non intendono rinunciare allo scudo dell'articolo 18 che protegge con il reintegro i licenziamenti disciplinari, il numero uno della Cisl ha spiegato di essere preoccupato per la possibilità che il governo possa fare da solo, adottando soluzioni più drastiche di quelle prospettate dal ministro Fornero (articolo 18 per i licenziamenti discriminatori, indennizzo per quelli economici e scelta del giudice tra indennizzo o reintegro per quelli disciplinari), condizionate all'accordo con il sindacato. Bonanni ha proposto di lasciare al giudice la decisione sul reintegro o indennizzo, «alzando l'asticella» dell'importo, o stabilendo delle causali contrattuali, per ridurre i margini di discrezionalità sui licenziamenti disciplinari. Ma la proposta di Bonanni non è servita a superare le resistenze di Susanna Camusso e Luigi Angeletti, con la conseguenza che i sindacati si sono presentati senza una linea comune al vertice notturno con il ministro Fornero.

Quanto alle altre tipologie, sui licenziamenti discriminatori i sindacati sono d'accordo nel confemare la disciplina dell'articolo 18, mentre su quelli economici si è trovata una posizione comune, con la disponibilità della Cgil a lasciare al giudice la decisione sul reintegro o sull'indennizzo, ma solo a condizione che siano tradotti nel documento del governo gli impegni assunti dal ministro Fornero sulle risorse per gli ammortizzatori, lo slittamento del nuovo sistema, il contrasto alla cattiva flessibilità. La valutazione finale verrà data dalla Cgil, sul complesso delle proposte presentate dal governo. Ma l'apertura della Cgil non è considerata sufficiente dal governo che, in assenza di un accordo sembra propenso a lasciare la copertura dell'articolo 18 solo per i licenziamenti discriminatori, con l'indennizzo nel resto dei casi, accogliendo così una richiesta che arriva dalle imprese che lamentano un aggravio dei costi a causa della riforma.

In Cgil c'è fermento: oggi la Fiom ha indetto 2 ore di sciopero nelle fabbriche proprio a sostegno dell'articolo 18, sollecitando un referendum su ogni proposta di riforma, tra le categorie il segretario della Flc-Cgil (scuola), Domenico Pantaleo, si è schierato contro l'ipotesi di modifica, la stessa linea nella segreteria confederale è sostenuta da Nicola Nicolosi, già leader di Lavoro e società poi passato nella maggioranza. Nella Uil, Angeletti vede il rischio che il governo sul mercato del lavoro possa approvare una propria proposta: «Cercheremo di convincere la maggioranza del Parlamento a riformarla», è pronto ad iniziative di mobilitazione «ma non siamo così sciocchi da pensare che si vince contro un governo tecnico facendo scioperi generali». Sul nodo risorse, il numero uno della Uil aggiunge «il Governo ci ha detto, non in maniera chiara ma in modo abbastanza convincente, che sarebbe disposto ad impegnare altri 2 miliardi di euro oltre a quelli che già si spendono, non è una paccata, ma è il minimo indispensabile».

Su ammortizzatori e flessibilità in entrata c'è convergenza tra Cgil, Cisl e Uil che ieri sera hanno incalzato il ministro, sollecitando correzioni in tema di indennità per i Cocopro che il governo propone di eliminare, o la conferma degli incentivi per l'assunzione dei lavoratori in mobilità, che verrebbero meno con il passaggio al nuovo sistema di ammortizzatori.

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