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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2012 alle ore 19:44.

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Antonio Pizzinato (Fotogramma)Antonio Pizzinato (Fotogramma)

Sia la Cgil sia la Cisl, come pure la Uil hanno più volte ribadito come l'articolo 18 non sia l'elemento risolutore nelle questioni del lavoro.
Eppure la norma che disciplina i licenziamenti da considerarsi illegittimi è da dieci anni al centro di scontri tra governo (a cominciare dal 2002 con l'Esecutivo Berlusconi) e sindacati. E anche ora con il governo Monti è sempre l'articolo 18 a decidere le sorti della trattativa per la riforma del lavoro. Si va verso una legge delega.

Antonio Pizzinato, segretario generale della Cgil nel 1986 dopo l'uscita di scena di Luciano Lama, lo dice chiaramente: «La parte della discussione che ha reso difficile il percorso è quella relativa all'articolo 18. Perché ci sono principi che non si possono mettere in discussione». E ora, l'idea di una legge delega «è anomala rispetto a quello che è avvenuto per 64 anni nel nostro Paese». Oltretutto, dice l'ex segretario Cgil, poi senatore per il Pci, in seguito per il Pds e il Pd, «se il primo decreto del governo Monti era legato a motivi di urgenza in questo caso non si capisce dove sia l'urgenza».

Per spiegare l'irrinunciabilità all'articolo 18 Pizzinato fa un passo indietro nel tempo e ricorda i 520.000 licenziamenti di lavoratori considerati senza giustificato motivo verificatisi negli anni compresi tra il 1948 e il 1967. 40.000 dei quali, precisa, di persone che lavoravano nella pubblica amministrazione. Per questi ultimi, sottolinea «la legge che ha consentito la ricostruzione della posizione previdenziale di chi è stato licenziato per rappresaglia, è arrivata solo nel 2001. E non tutte le domande sono ancora giunte a buon fine».

Poi racconta del caso dei 5 membri della commissione interna (i rappresentanti sindacali) della Geloso che (era il 1963) furono licenziati per aver indetto uno sciopero. E del tecnico che progettò alla Innocenti la prima Lambretta: quando si presentò in commissione interna fu trasferito in Sicilia all'ufficio commerciale. «Se queste norme non fossero state introdotte - dice l'ex segretario Cgil - casi di questo tipo avrebbero continuato a verificarsi».

L'intesa sarebbe certo stata dolorosa, evidentemente troppo, per il sindacato. Eppure quasi vent'anni fa la Cgil di Trentin non si tirò indietro davanti a un piatto indigesto per i suoi iscritti. E l'accordo del '93 per la contrattazione su due livelli passò dopo due anni di conflitti. Allora però, dice Pizzinato «la discussione era sulle politiche contrattuali. Non bisogna confondere i trattamenti con i principi». Ben venga invece la possibilità di introduzione di regole sui tempi del processo. Ma resta il problema, sottolinea l'ex leader Cgil «della tutela per chi lavora in imprese sotto i 15 dipendenti: il 52% dei lavoratori».

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