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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2012 alle ore 08:15.

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Pirati somali. Per fronteggiare un'emergenza che da anni sta compromettendo il traffico marittimo internazionale, ciò che prima era impensabile è divenuto da ieri una realtà. L'Unione europea ha autorizzato la missione internazionale contro la pirateria - Atalanta - a colpire i pirati nelle acque somale. Una novità. Ma il nuovo mandato, esteso fino al 2014, non finisce qui. Gli incrociatori e gli elicotteri potranno anche aprire il fuoco contro obiettivi sensibili sulle coste somale; come barili di carburante, veicoli e altri equipaggiamenti usati dai pirati nel loro lucroso business.
Impensabile, perché solo nel 2008, quando venne dato il via alla missione Atalanta (esistono anche altre missioni, come quella guidata dagli Stati Uniti) nessun Paese considerava l'idea di avventurarsi nel pantano somalo. Così molte volte i pirati, facendosi scudo con gli ostaggi, riuscivano a dirigere la nave sequestrata - in alcuni casi anche una superpetroliera - nei loro covi sotto gli occhi impotenti delle navi da guerra.
Lo Stato fantasma, in balia del caos dal 1991, anno della caduta del dittatore Siad Barre, è ancora teatro di una brutale guerra tra il governo somalo di transizione e i miliziani al-Shabaab, vicini ad al-Qaida. Tra i due belligeranti prolifera una rete di criminali che spesso assolda giovani disoccupati nell'irresistibile business della pirateria. Da due anni le città costiere si sono trasformate in una colossale fabbrica di sequestri. È un'industria che non conosce crisi: secondo l'International Maritime Bureau (Imb), l'organizzazione che monitora e registra la pirateria, nel 2006 gli ostaggi furono 188 in tutto il mondo. Nel 2010 sono balzati a 1.174, la maggior parte in mano ai pirati somali, nel 2011 più di 800. Nel 2011, il numero degli attacchi è sceso lievemente: 439 contro 445. Troppo poco. Senza contare che i pirati somali sono divenuti ancor più aggressivi. Il numero dei loro attacchi - 237 - ha rappresentato il 54% del totale. I riscatti, poi, sono saliti a una media di cinque milioni di dollari. Con un calcolo per difetto, nel 2011 hanno incassato 160 milioni di dollari. Mentre il costo della pirateria somala per il mondo è stato stimato a 7 miliardi di dollari.
«Il lieve calo degli attacchi - spiega al Sole 24 Ore il capitano Pottengal Mukundan, direttore dell'Imb - si deve a tre fattori. Il maggior contributo è arrivato dalle flotte internazionali, che hanno sventato 20 attacchi nell'ultimo trimestre del 2011. Sono state un deterrente. Inoltre hanno preso di mira le "navi madre", navi sequestrate dai pirati e usate come basi mobili al largo in grado di rimanere in mare settimane e sferrare attacchi multipli. In secondo luogo le navi che incrociano le acque a rischio stanno usando sempre di più le misure di protezione da noi raccomandate. Infine il personale armato a bordo - anche privato - adottato da sempre più Paesi, ha spesso dissuaso i pirati. Ma in questo caso il quadro giuridico, però, non è completo. Auspichiamo una normativa internazionale che concili le diverse norme nazionali».
La missione Atalanta resterà dunque ancora per due anni. La rotta tra il canale di Suez e il Golfo di Aden è una delle principali arterie del commercio globale, percorsa ogni anno da 30mila navi. È un'irrinunciabile canale di approvvigionamento energetico per l'Europa. Ma non solo. Per sfuggire alle flotte militari, i pirati si spingono ora anche a mille miglia dalla Somalia, fino a lambire la costa dell'India a Est, o il canale di Mozambico a sud. «La decisione di oggi consente di intraprendere azioni più robuste sulla costa della Somalia», ha detto il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton. Robusta non significa però l'invio di truppe sulle coste. Il rischio di un'escalation, e di vittime, sarebbe alto. «Siamo contrari ad azioni armate sulla costa - precisa Mukundan -. La soluzione è destinare parte dei fondi per le missioni navali allo sviluppo dell'economia somala. La pirateria è nata perché non ci sono prospettive. Il problema si risolve dall'interno».
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