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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2012 alle ore 08:13.

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Il maledetto Gulistan, in lingua pashto la "valle delle rose", impone un nuovo tributo di sangue alle truppe italiane che dal settembre 2010 presidiano il distretto più caldo di tutto l'ovest afghano e uno dei più turbolenti dell'intero Paese. La giornata di ieri alla base operativa avanzata (Fob) "Ice" era cominciata con alcuni colpi di mortaio sparati probabilmente dalle montagne circostanti il fortino italiano posto a controllo della strada 522 che attraversa la valle. Granate cadute fuori dal perimetro della Fob, senza provocare danni. Nel pomeriggio il tiro dei miliziani è ripreso con maggiore accuratezza. Alcune granate sono cadute dentro la base colpendo sei militari tra genieri del 21° reggimento guastatori e bersaglieri del Primo reggimento, reparti che hanno avvicendato da pochi giorni il reggimento San Marco della Marina.
Il sergente del genio Michele Silvestri, napoletano di 33 anni, è rimasto ucciso, altri cinque militari feriti. Uno ha riportato solo ferite leggere ma gli altri quattro sono stati trasferiti dagli elicotteri Blackhawk statunitensi nella vicina base americana di Delaram che oltre ad ospitare un nutrito reparto elicotteristico dispone anche di un attrezzato ospedale da campo. Due sono in gravi condizioni mentre agli altri sono state riscontrate ferite superficiali. Da quanto si è appreso il fuoco dei mortai talebani è cessato solo dopo l'intervento di due elicotteri da combattimento Mangusta, rischierati all'aeroporto di Farah City ed entrati in azione con i cannoni a tiro rapido contro le postazioni nemiche.
Da quando gli alpini del settimo reggimento rilevarono il contingente georgiano e statunitense, nel settembre 2010, i distretti orientali di Farah sono diventati la bestia nera del contingente italiano. Dei dodici militari italiani uccisi in combattimento nell'ultimo anno e mezzo, ben 9 sono caduti a Bakwa e Gulistan, durante gli attacchi a basi e avamposti o sulla strada 522, talmente piena di ordigni esplosivi da non essere quasi mai percorribile tra le due principali basi italiane, "Camp Lavaredo" e "Ice", collegate necessariamente con gli elicotteri. La conformazione della Valle delle rose aiuta i talebani, che attaccano sempre da posizioni elevate come ben sanno i plotoni che si avvicendano nell'avamposto "Snow", nel villaggio di Buji, di certo la base italiana più bersagliata.
In Gulistan 160 militari italiani e meno di un centinaio di soldati e poliziotti afghani faticano a muoversi oltre i dintorni immediati delle basi a pochi chilometri dalle quali su alcuni villaggi sventola la bandiera talebana. In questa zona della provincia di Farah, seconda solo a Helmand per produzione di oppio, ai talebani si affiancano le milizie dei narcotrafficanti che potrebbero non essere estranee all'attacco di ieri poiché negli ultimi tempi le truppe alleate schierate nell'Ovest afghano sotto il comando del generale Luciano Portolano hanno intensificato le operazioni contro la produzione e il traffico di droga compiendo importanti sequestri insieme alle truppe afghane.
Pochi giorni or sono l'operazione Wheelbarrow ha visto impegnate forze italiane e afghane proprio nei distretti di Gulistan e Bakwa in concomitanza con l'inizio del raccolto dell'oppio. Salgono a 50 i caduti italiani da quando, nel febbraio 2002, prese il via la missione in Afghanistan, 18 dei quali morti per incidenti o malattie. Le vittime alleate registrano un calo rispetto al passato, ma si tratta di perdite vane che demoralizzano i militari esposti alla morte non per la vittoria ma per un ritiro preannunciato nel 2010 e che si completerà nel 2014, forse prima.

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