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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2012 alle ore 08:11.

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CERNOBBIO. Dal nostro inviato
«Se non cancelleranno le cose che facciamo…». Sfugge al ministro, Elsa Fornero, una puntualizzazione, nel day after della storica riforma del mercato del lavoro. Nella seconda giornata del forum di Confcommercio, il ministro ha illustrato e difeso i contenuti e la filosofia della riforma, con questa unica sfumatura, indice (forse) di un briciolo di disappunto per la scelta del presidente del Consiglio, Mario Monti, di ricorrere al disegno di legge piuttosto che a un decreto. E soprattutto segnale della preoccupazione per quanto più tortuoso e difficile potrà essere il cammino parlamentare del provvedimento, come ha dimostrato il confronto tra il segretario del Pd, Pierlugi Bersani, e quello del Pdl, Angelino Alfano. «Il premier Monti è più debole» ha detto Alfano, riferendosi anche alla formula "salvo intese" che accompagna il provvedimento. Perciò chiede l'impegno ad approvare la riforma entro un «termine prefissato», l'estate, come ha suggerito il presidente del Senato, Schifani. «Non so se si indebolisce di più il governo discutendo della riforma del lavoro o facendo saltare i vertici per la Rai o le norme sulla corruzione» ha replicato Bersani che ha detto di voler «rafforzare il governo» e ha definito comunque buona la riforma, anche se «ci sono cose da correggere».
Elsa Fornero è stata la star della giornata. «Un po' rammaricata perché alla fine non è condivisa pienamente», ha sottolineato il «dialogo molto duro che senza esperare i toni e alla ricerca della concordia» ha portato in tempi «brevi, considerata la vastità e le ambizioni dei temi che la riforma copre» ad un «punto di equilibrio rispetto a molte tensioni e diversi interessi». «Una scommessa - ha detto il ministro - per rendere l'economia italiana più attrattiva, rispetto a disinvestimenti, ad aziende che chiudono qui per aprire in Serbia».
Detto questo, il nodo resta quello delle modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che comunque «non si può e non ha senso abolire» e anzi è stato «rafforzato sui licenziamenti discriminatori».
Il governo «parte dal presupposto che non tutti i datori di lavoro siano cattivi e vogliano liberarsi di manodopera appena ne hanno la possibilità. Non è questo che volete fare, spero» ha detto il ministro agli imprenditori di Confcommercio. «Se questo non è - ha proseguito - comprendiamo l'esigenza di aggiustamenti della manodopera nel piccolo", nel senso di «licenziamenti individuali, non collettivi». Ecco perché la riforma cancella il reintegro del lavoratore in azienda in caso di licenziamento per motivi economici, anche se il giudice ne dichiarasse l'illegittimità. È previsto, ha ricordato la Fornero, solo un indennizzo «relativamente alto, da 15 a 27 mensilità».
In pratica, le imprese potranno licenziare singoli lavoratori per motivi economici senza temere i provvedimenti del giudice, purché non si tratti di un licenziamento discriminatorio. Il limite è di quattro licenziamenti in quattro mesi nella stessa provincia. Sopra queste soglie si applica la legge sui licenziamenti collettivi che non viene modificata.
«Non ci sembra - ha affermato - che queste modifiche stravolgano o caplestino i diritti. Non ci sembra che questo possa creare motivi per gravi tensioni sociali». Fornero ha poi difeso la flessibilità dei contratti a termine sui quali però scattano l'aumento dei contributi e il premio di stabilizzazione con l'obiettivo di renderli «possibilmente un po' più lunghi» perché «non ci piacciono i bocconcini a tempo determinato». Un impianto, questo, che secondo il ministro, aumenta le "difese" per i precari.
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DALLO STATUTO DEI LAVORATORI A OGGI
1970
Statuto dei lavoratori
Nata sulla spinta del movimento degli anni 60, la legge n. 300 del 1970, il cui autore fu Gino Giugni (a destra), riconosce e tutela i lavoratori nei luoghi di lavoro e o diritti dei sindacati nelle aziende private con più di 15 dipendenti

1971
Tutela delle lavoratrici madri
Con la legge 1204/1971, durante il Governo di Emilio Colombo (a destra) il Parlamento amplia le protezioni delle madri lavoratici; introdotta l'astensione obbligatoria e facoltativa per le donne in attesa, rafforzato il diritto alla maternità

1977
Diritto alla pari retribuzione
Nel 1977 viene approvatala legge 903 che sancisce la parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro. Introdotto il principio della pari retribuzione «quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari lavoro»

1984
Accordo di S. Valentino
L'«accordo di San Valentino» fu siglato nel 1984 dal Governo Craxi (a sinistra) soltanto con Uil e Cisl. Attuato con un Dl omonimo ha introdotto la predeterminazione del tasso d'inflazione bloccando la scala mobile

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