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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2012 alle ore 06:42.

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ROMA
L'appuntamento è per venerdì, salvo cambiamenti di programma dell'ultima ora. Il ministro della Giustizia Paola Severino incontrerà i capigruppo della maggioranza di Camera e Senato per illustrare la posizione del governo sui tre capitoli del pacchetto-giustizia: anticorruzione, responsabilità civile dei giudici, intercettazioni. «Non si possono fare interventi spot - ha spiegato il ministro nei colloqui telefonici con i suoi interlocutori istituzionali - perché la legislazione deve avere una coerenza interna». Il governo, quindi, è contrario a procedere a colpi di emendamenti, «perché andrebbero a scapito della linearità sistematica». Perciò, in linea con questa impostazione, venerdì il ministro comunicherà ai capigruppo le sue proposte, in particolare sull'anticorruzione, e la settimana successiva si aprirà il tavolo tecnico per discutere le controproposte della maggioranza. L'obiettivo è arrivare a testi «condivisi». In tal caso il confronto si sposterà in Parlamento subito dopo Pasqua.
Il percorso è stato ancora una volta concordato ai massimi livelli, tra il presidente del Consiglio Mario Monti e i segretari del Pdl Angelino Alfano, del Pd Pierluigi Bersani e dell'Udc Pierferdinando Casini. Fatti due conti, il governo scoprirà le sue carte in Parlamento dal 16 aprile, ma è disponibile anche la settimana prima a riprendere la discussione, in commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera, sull'articolo 8 del ddl anticorruzione, bloccato da un emendamento del Pd Giachetti sui magistrati fuori ruolo. Questo è quel che la Severino scriverà alla presidente Giulia Bongiorno, che a nome di tutti i gruppi aveva sollecitato il ministro a rendere note le intenzioni del governo sugli emendamenti all'articolo 9, riguardante la parte penale.
Già nel vertice di due settimane fa, a palazzo Chigi, si era deciso di delegare alla Severino la "gestione" del pacchetto-giustizia, ma senza turbo nel motore per evitare che il confronto si trasformasse in uno scontro "ideologico" ad uso e consumo della campagna elettorale in vista del voto amministrativo. Per lo stesso motivo ha subìto una frenata il decreto sul taglio dei giudici di pace, primo passo della riforma della geografia giudiziaria, su cui sono in atto da mesi pressioni fortissime sul governo, di ogni parte politica, per non sopprimere questo o quelll'ufficio.
Il capitolo più spinoso del pacchetto giustizia è quello sull'anticorruzione, che il governo ha detto più volte di ritenere una priorità, ma su cui le posizioni nella maggioranza sono molto distanti (salvo sull'abrogazione del reato di concussione, su cui c'è convergenza tra Pd e Pdl). Ovviamente, le proposte del ministro sono già una mediazione, con riferimento sia al perimetro della riforma sia ai contenuti. Venerdì i capigruppo daranno un primo giudizio politico; seguirà il tavolo tecnico vero e proprio al quale, ha però avvertito il guardasigilli, dovranno continuare a sedere i capigruppo, eventualmente affiancati dai tecnici dei partiti se lo riterranno opportuno.
Nella proposta di riforma dovrebbero entrare i reati di corruzione privata, traffico di influenze, autoriciclaggio nonché la modifica della concussione, ma la partita si giocherà sui contenuti tecnici delle nuove norme. Persino sulle virgole o sulle congiunzioni. L'altro giorno la Severino ha ribadito che i nuovi reati dovranno essere dotati di «offensività, tipicità, tassatività e di elemento psicologico» in modo da distinguere «il fatto penalmente rilevante da comportamenti che possono avere rilevanza in altri settori dell'ordinamento». Un richiamo indiretto ai paletti posti al Senato dal Pdl come condizione per approvare la ratifica della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione (ora alla Camera), che la Severino considera la sua bussola insieme alle raccomandazioni dell'Ocse. Tant'è che in settimana il ministro incontrerà il direttore del servizio giuridico dell'Ocse, Nicola Bonucci, e già oggi o domani il governo autorizzerà la pubblicazione del rapporto del Greco (Gruppo di Stati contro la corruzione istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa) in cui, per la prima volta, si «raccomanda» all'Italia di verificare l'utilità della concussione. Capitolo incandescente, quest'ultimo, perché a seconda di come verrà riscritto inciderà sui processi in corso riguardanti politici di ogni partito, da Silvio Berlusconi (caso Ruby) a Filippo Penati (caso delle aree Falck). Il governo farà la sua proposta, fermo restando che la decisione, su questo e sugli altri punti della riforma, sarà essenzialmente politica. Così come per anni è stata una scelta politica dei governi non ascoltare i richiami dell'Ocse e dell'Europa su punti nevralgici per la lotta alla corruzione, come l'allungamento dei termini di prescrizione dei reati.
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