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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2012 alle ore 09:14.

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Un tentativo di conciliazione tra azienda e lavoratore favorito dal sindacato. Dovrà essere questa, secondo il ministro del Welfare, Elsa Fornero, la «prima strada» da percorrere di fronte a un licenziamento. L'obiettivo è scoraggiare il ricorso al giudice del lavoro attraverso «un accordo individuale» che componga la questione sulla falsariga del modello tedesco. «In Germania infatti - ha ricordato il ministro Fornero intervenendo ieri a «Radio Anch'io» - si finisce davanti a un Tribunale nel 5% dei casi di licenziamento. E noi vorremmo arrivare a queste percentuali». Nelle linee guida di riforma del lavoro (approvate dieci giorni fa dal Consiglio dei ministri) è previsto, per i licenziamenti economici, l'esperimento preventivo di «una rapida procedura di conciliazione» da svolgersi davanti alle Direzioni territoriali del lavoro, alla presenza dei rappresentanti sindacali. E anche la predeterminazione degli importi del risarcimento (da 15 a 27 mensilità, se non esiste il giustificato motivo oggettivo addotto dall'azienda) rientrerebbe nella logica di "incoraggiare" la definizione consensuale delle liti.

L'articolato che dovrà tradurre in norme il documento di "policy" licenziato dal Governo arriverà la prossima settimana. Ci sarà da scegliere il veicolo "parlamentare" al quale affidare la riforma. Secondo indiscrezioni il premier Mario Monti dovrebbe puntare su un Ddl ordinario che conterrà una delega sulle politiche attive (vista la competenza concorrente tra Stato e Regioni). Quanto invece all'impianto e al contenuto della riforma, fanno sapere dal ministero del Welfare, non sono in vista stravolgimenti. Anche perchè, ha ribadito ieri Elsa Fornero, intervenendo al congresso dell'Ugl, le nuove regole sul lavoro «contrastano la precarietà e aiutano i giovani». E sull'articolo 18 (su cui si è incentrata «una discussione in parte ideologica»), ha rassicurato il ministro, «non vogliamo spaccare il Paese. Ma ridurre un pochino la blindatura che oggi c'è sul lavoro dipendente a tempo subordinato per aumentare l'attrattività dell'Italia sotto il profilo degli investimenti e dei capitali esteri». E in più, ha aggiunto Fornero, ci sono «evidenze» in base alle quali l'articolo 18 per le aziende con oltre i 15 dipendenti «limita la crescita oltre quella soglia». Ma anche per le aziende con meno di 15 dipendenti l'ipotizzata riforma del lavoro «è molto meno radicale dell'attuale realtà», ha sottolineato il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli. Che ha spiegato: «Già adesso abbiamo l'80% dei lavoratori nelle imprese sotto i 15 dipendenti cui non si applica l'articolo 18. E non è il far west».

La riforma Fornero «va nella giusta direzione» ha detto il numero uno della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo. Ma per la leader della Cgil, Susanna Camusso, la riforma «va modificata in Parlamento». Soprattutto sull'articolo 18: «che nell'attuale formulazione - ha spiegato - consente solo licenziamenti facili. Quando invece va sempre previsto il reintegro per tutti i licenziamenti illegittimi» a prescindere dalle causali.

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