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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2012 alle ore 06:41.

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Non convince i pm la versione fornita nell'interrogatorio di martedì dal senatore Luigi Lusi, l'ex tesoriere della Margherita accusato di essersi appropriato di almeno 21,6 milioni del partito. In particolare, non convince la ricostruzione secondo cui lui avrebbe agito «per creare una serie di posizioni finanziarie e immobiliari di carattere fiduciario» a vantaggio della Margherita e il fatto che «alcuni sapevano dell'acquisto degli immobili». Quanto al presunto accordo, di cui Lusi ha riferito, per la spartizione dei fondi residui del partito tra popolari (60%) e rutelliani (40%), per gli inquirenti esula dall'indagine penale. I pm stanno comunque valutando l'opportunità di convocare come testimoni gli ex vertici della Margherita per acquisire anche la loro versione dei fatti. Non solo. Stanno anche valutando se inserire nella rogatoria che sarà inoltrata alle autorità di Ottawa il sequestro conservativo delle due società canadesi riconducibili a Lusi, la Filor e la Luigia Ltd. Richiesta che dovrebbe prima ricevere l'avallo del gip. Di certo il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il pm Stefano Pesci inseriranno nella rogatoria la richiesta di ulteriori verifiche sull'esistenza di altri fondi e società riconducibili a Lusi.
Sull'interrogatorio di Lusi è intervenuta ieri la Margherita con una nota firmata da Francesco Rutelli, Enzo Bianco e Gianpiero Bocci. I quali sottolineano come le «enormi cifre» sottratte da Lusi non sono state oggetto di alcuna «spartizione» nel partito né sono state messe da parte per la Margherita, in quanto l'ex tesoriere «le ha intestate a sé stesso e a propri familiari, sulla base della propria esclusiva azione illecita».
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