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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2012 alle ore 17:43.

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Il capo della Lega Araba, Nabil al Arabi, ha fatto appello ai 70 Paesi "amici della Siria" che partecipano alla conferenza di Istanbul per fare pressioni sul consiglio di sicurezza Onu perchè adotti misure severe contro il regime Assad «ai sensi dell'articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite», che non esclude un intervento armato. Al Arabi ha chiesto ai Paesi presenti alla Conferenza «di fare appello simultaneamente al Consiglio di sicurezza dell'Onu a prendere una decisione per fermare le violenze in Siria». Il testo della Carta Onu prevede, tra l'altro, in caso di «minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione», una serie di misure che vanno dalla rottura delle relazioni diplomatiche a «ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale» utilizzando forze aeree, navali o terrestri.

Gli '"Amici della Siria" hanno approvato un «appoggio al piano» di Kofi Annan con una «richiesta» che l'inviato internazionale fissi un «timetable», un «calendario preciso», per la sua applicazione. Lo si è appreso da fonti diplomatiche a margine della Conferenza a Istanbul. E secondo l'agenzia stampa Anatolia, è stato anche riconosciuto come «rappresentante legittimo» del Paese il Consiglio nazionale siriano.
L'appello della Lega Araba arriva in contemporanea con un duro avvertimento con cui il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, mette in guardia il regime siriano: «Basta uccidere i vostri cittadini – si legge nel testo del discorso preparato per la conferenza di Istanbul - o ci saranno serie conseguenze». Non da meno la posizione turca: in apertura della conferenza, il premier Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato che è «imperativo» che la comunità internazionale parli «con una voce sola» ma soprattutto «agisca» per anche accertarsi che le aperture del regime al piano-Annan non si trasformino in una «strategia per guadagnare tempo».

Ma il regime siriano tira dritto. E attacca in maniera frontale i partecipanti alla seconda riunione degli "Amici della Siria", definita come «la piattaforma dei nemici della Siria». «Solo gli ingenui e quanti vogliono vedere attraverso gli occhi degli americani possono credere che questa sia una conferenza di Amici della Siria» ha scritto il quotidiano Al-Baath, organo del regime di Bashar al-Assad. «L'appello saudita ad armare i terroristi, l'incoraggiamento per il bagno di sangue e la distruzione delle infrastrutture rendono la conferenza una piattaforma per i nemici della Siria, che discutono di tutto tranne che dell'interesse dei siriani».

Anche oggi, infine, sono continuati i disordini nel Paese. E' di almeno 34 morti il bilancio delle violenze in Siria, dove aspri combattimenti sono in corso nelle regioni orientali e nei pressi della capitale Damasco: lo hanno reso noto fonti delle organizzazioni siriane per la difesa dei diritti umani.
Gli scontri più gravi sono avvenuti nella provincia orientale di Deir Ezzor, dove cinque militari, quattro ribelli e un civile sono morti nei combattimenti scoppiati a Qurriyé; altri quattro soldati sono stati uccisi in un attacco contro un convoglio militare nella provincia nordorientale di Idleb.

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