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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2012 alle ore 07:59.

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Segretario Bonanni, dopo aver espresso preoccupazioni per il rischio di abusi nei licenziamenti economici che potevano mascherare forme di discriminazione, si sente rassicurato dalla formulazione conclusiva del testo?
Siamo soddisfatti perché la questione che più ci preoccupava, la tutela nei licenziamenti economici fraudolenti, si è risolta proprio come abbiamo auspicato. Il giudice potrà stabilire il reintegro nei casi in cui è manifesta l'insussistenza di motivazioni economiche. Ma solo se si andrà in giudizio, visto che è stato adottato il modello tedesco, da noi fortemente sostenuto, con il ricorso alla conciliazione obbligatoria. In Germania viene coinvolto il consiglio di fabbrica, da noi il sindacato, per tentare una soluzione extragiudiziaria. Solo in assenza di un'intesa si va dal giudice che non deve partire da zero, ma si avvale del lavoro istruttorio fatto in sede di conciliazione, con un rito abbreviato.

Come valuta le novità decise nel vertice di maggioranza di martedì notte con il premier Monti, a partire dalla previsione di un regime transitorio di un anno prima della stretta sulle partite Iva?
Lo slittamento di un anno deve servire alle aziende per prepararsi a riconfigurare il rapporto di lavoro delle false partite Iva, per trasformarlo da lavoro autonomo a dipendente. È una motivazione comprensibile, ma se si vuole una transizione ordinata va gestita coinvolgendo le rappresentanze sindacali. Non va bene, invece, se questo periodo si configura solo in un anno di rinvio. Proporremo al Parlamento di specificare meglio questo percorso.

Intendete riaprire la partita in Parlamento con emendamenti al testo o considera l'articolato un buon compromesso da confermare?
È una soluzione di grande equilibrio, se si apre la discussione in Parlamento la si può sempre migliorare, ma senza perdere le caratteristiche che questa riforma deve conservare fino alla fine. È il risultato di una mediazione tra diverse istanze.

Lei parla di equilibrio, eppure le imprese lamentano ancora troppi vincoli per la flessibilità in entrata e sono insoddisfatte per la reintroduzione del reintegro per i licenziamenti economici, decisa al vertice di maggioranza.
Non capisco la posizione delle imprese che avevano dato il proprio assenso al documento del governo, visto che la conclusione del vertice di martedì notte è pienamente coerente con quel testo. Il premier Monti è stato di parola, ha rispettato l'impegno che ha preso con il sottoscritto, per evitare abusi nei licenziamenti, e il presiedente della Repubblica va ringraziato per la sensibilità dimostrata. Viene confermato, su nostra richiesta, il contrasto alla cattiva flessibilità praticata da aziende che fanno concorrenza sleale alle altre imprese e danneggiano i lavoratori. È anche confermato il principio che la flessibilità deve costare di più, con un meccanismo che incentiva la stabilizzazione dei contratti temporanei. L'auspicio è che vengano aggiunti bonus fiscali per abbattere le tasse ai lavoratori flessibili.

Si associa alla richiesta di Angeletti che ha proposto di licenziare il ministro Fornero?
Sicuramente Luigi scherzava. Riconosco alla Fornero, dopo le iniziali incomprensioni, di aver avuto una tenacia e una capacità di recupero che hanno permesso di costruire l'impianto della riforma.

Avete aperto un nuovo fronte con la Uil, annunciando mobilitazioni sulla crescita. Considerate archiviata la riforma del lavoro anche se deve affrontare l'esame del Parlamento?
La riforma del lavoro è un tassello importante, ma è solo uno dei fattori su cui puntare per la crescita, che è la madre di tutte le questioni. Dobbiamo creare le condizioni per attrarre gli investitori, per far ciò serve la massima collaborazione tra tutti i soggetti. Bisogna puntare ad un patto sullo sviluppo tra governo centrale, governi locali, parti sociali, forze politiche. Ma prima serve un segnale forte sul fronte fiscale, perché la ripresa dei consumi è essenziale per far ripartire il Paese. Con le nostre iniziative intendiamo sollecitare il governo a guardare avanti.

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