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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2012 alle ore 18:57.

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Che si tratti davvero di «dimissioni irrevocabili» poco importa. L'epopea politica di Umberto Bossi si è conclusa. E nel modo peggiore, sull'onda di uno scandalo sull'uso di fondi pubblici che vede al centro la sua famiglia, i suoi figli e le persone a lui più vicine. Una conclusione ignomignosa per chi ha a lungo recitato il mantra di «Roma ladrona». C'è da capire, se la fine del Senatur e di quel cerchio magico in cui è rimasto intrappolato dopo il grave ictus che lo colpì 8 anni fà, cancelli anche la Lega, il partito di cui è stato fondatore e capo indiscusso e che ha guidato da monarca per circa un trentennio.

È lo stesso interrogativo che ci si è posti (e ci si continua a porre) sul Pdl di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere e il Senatur dal 2000, da quando ricomposero la frattura avvenuta in occasione del primo governo Berlusconi, sono stati un binomio indissolubile. Con la fine del governo e l'arrivo di Monti quel binomio si è incrinato e Bossi, probabilmente assai più di Berlusconi, ha avvertito una nuova vulnerabilità. Ma la Lega, come il Pdl, sono realtà nate e cresciute attorno alla figura di un unico leader.

E, paradossalmente, nel caso del Carroccio l'uscita di scena del Capo (come da sempre viene apostrofato l'Umberto) è ancora più drammatica perchè giunge in un momento in cui il partito ha smarrito la ragione politica della sua esistenza, il federalismo, senza essere riuscito a trovarne una nuova.

Il ritorno all'opposizione aveva in parte attenuato questa crisi di identità così come la frattura, dura e senza esclusione di colpi, tra maroniani e cerchio magico, esplosa nel corso dell'ultimo anno. Ora tutto è deflagrato nel cupio dissolvi di Bossi, cominciato probabilmente in quell'ormai lontano 11 marzo 2004 quando il Senatur fu portato in ospedale e da lì in Svizzera, per un soggiorno blindato di circa due mesi.

Fu allora che nacquero le due Leghe. Da una parte il cerchio magico, composto inizialmente da coloro che accudirono il leader nel momento della malattia: la moglie Manuela con i figli, Rosy Mauro, allora segretario del Sinpa, il sindacato della Lega, e oggi al centro dello scandalo sui giri di soldi pubblici per i rimborsi elettorali, e Marco Reguzzoni che fino a poco tempo fa guidava il gruppo del Carroccio alla Camera. Dall'altra il resto del movimento, di cui a poco a poco Roberto Maroni ha assunto la guida. La resa dei conti ora è inevitabile. Il triumvirato chiamato a sorreggere il partito fino al prossimo congresso è solo un modo per tentare di evitare la debacle, che potrebbe essere certificata alle prossime amministrative. Un tentativo a cui sono costrette ad aggrapparsi entrambe le anime della Lega, ma che potrebbe rivelarsi inutile.

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