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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2012 alle ore 08:43.

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La cassaforte della Lega, oltre al finanziamento pubblico, aveva un'anima nera. Flussi milionari di denaro di provenienza illecita che servivano per corrompere, riciclare, lanciarsi in spericolate operazioni finanziarie e investimenti immobiliari. Non solo: la cassaforte serviva per portare a termine affari personali oltre che mantenere le esigenze della famiglia Bossi, Rosy Mauro e il sindacato padano, Roberto Calderoli, Piergiorgio Stiffoni e la Scuola Bosina di Varese. Tutti i chiamati in causa smentiscono ogni accusa.

Sono queste le ipotesi investigative che emergono dalle indagini compiute dal Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente (Noe) su delega della Procura della Repubblica di Napoli.

Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, indagato dalla magistratura, è il personaggio chiave e strategico. Grazie alle sue relazioni – in particolare quella con il consulente aziendale Stefano Bonet, si legge nelle carte della Procura campana – Belsito sarebbe riuscito a costituire un'architettura criminale con cui realizzare ogni tipo di operazione. Bonet – sempre secondo le ipotesi investigative - si sarebbe prestato spregiudicatamente al gioco, veicolando «ingenti flussi di denaro anche per conto e nell'interesse della Lega», ottenuti da Belsito che del partito amministrava la cassa. Parte di queste risorse erano di provenienza illecita. La spregiudicatezza di Belsito arriva al punto che l'ex tesoriere avrebbe cancellato il rigo della delibera di partito con la quale lo si autorizzava a firmare le operazioni finanziarie solo fino a 150mila euro.

Che le operazioni poste in essere fossero quantomeno spericolate e sul filo della legge, Bonet e Belsito – scrivono gli investigatori – ne erano a conoscenza tanto che il consulente aziendale, parlando con una sua collaboratrice della società Polare, le riferisce «che la stessa banca con cui ha fatto l'investimento di sette milioni (in Tanzania, Cipro e Norvegia, ndr) di Belsito e della Lega, lo considera un riciclatore». Ed è ancora Bonet, ricostruiscono gli investigatori, che dell'operazione in Tanzania parla apertamente di riciclaggio con il «faccendiere» Romolo Girardelli, ex collaboratore genovese di Belsito e dal pm Giuseppe Lombardo, della Dda di Reggio Calabria, considerato vicinissimo alla cosca De Stefano.

Che le operazioni fossero spericolate lo si capisce anche dai fitti rapporti confidenziali tra Belsito e Nadia Dagrada, responsabile della segreteria amministrativa della Lega Nord. Dagrada parla chiaramente del «nero che Umberto Bossi dava tempo fa al partito». Ovviamente, scrivono i Carabinieri del Noe, il significato del nero «è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile».

Chi, al vertice della Lega Nord – secondo le ricostruzioni dei pm – voleva scavare sulla gestione delle risorse, era Roberto Castelli, che il 3 marzo presso l'aeroporto milanese di Linate si incontra con Bonet per carpire informazioni su Belsito e formare un vero e proprio dossier. A questo punto il cerchio magico di Bossi si stringe ancora di più per fare in modo che nessuno metta becco nella gestione della cassa. Del resto, come si lascia andare Dagrada, è lei stessa a redigere i bilanci sui quali i revisori interni ed esterni mettevano solo la firma.

Dalle poste contabili – secondo quanto si legge nelle carte della Procura – escono fiumi di denaro per la famiglia Bossi e non solo. A titolo di esempio Belsito e Dagrada, in una telefonata del 26 febbraio 2012, parlano dei soldi per il diploma di Renzo Bossi, di 670mila euro senza giustificativi di spesa, delle Porsche affittate per Riccardo Bossi, di una casa in affitto a Brescia, dei 300mila euro da destinare alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone, moglie di Bossi, che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far loro un mutuo e che lui ha messo in una cassetta di sicurezza. In una cassaforte di Belsito a Roma è stata trovata la cartella "the family" con le presunte spese della famiglia Bossi.

Nella chiacchierata i due fanno anche riferimento ad «altre somme che avrebbe preso Cald, diminutivo di Calderoli, e che non si sa come giustificarli» e di sistematiche elargizioni di denaro a Rosy Mauro e al sindacato Sinpa «fuori da ogni regola contabile di bilancio». La distrazione di fondi sarebbe talmente usuale che il 7 febbraio 2012, parlando con Dagrada, Belsito si lancia in un paradosso e afferma che a Eridanio Sirio, figlio dodicenne di Bossi, dovrebbe procurare un go kart. E giù risate.

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