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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2012 alle ore 10:10.

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Ieri è stata la giornata del contrattacco per il leader dimissionario della Lega Umberto Bossi, tornato al suo storico frasario contro «Roma ladrona». Ma è stata anche la giornata delle riunioni, degli incontri e delle prime valutazioni dietro le quinte su chi prenderà le redini del Carroccio dopo lo scandalo dell'inchiesta sull'uso dei fondi del partito.
Per Bossi la prima giornata pubblica da ex senatùr è iniziata con dichiarazioni che fanno ricordare i suoi primi anni leghisti: «Siamo nemici di Roma padrona e ladrona, anche dell'Italia e del centralismo». E poi la tesi complottista, sempre più condivisa dentro il partito, sia dai dirigenti che dalla base. Basta ascoltare Radio Padania per capire qual è il giudizio sul lavoro delle procure di Napoli, Reggio Calabria e Milano. «Non è un caso - prosegue Bossi - che lo scandalo sia scoppiato dopo la rottura dell'alleanza tra Pdl e Lega».

Non nega nemmeno parole di difesa per il figlio Renzo Bossi, consigliere della Regione Lombardia, accusato di aver utilizzato parte dei finanziamenti pubblici per spese personali. «Ho le prove che la macchina è sua, l'ha pagata lui, e ne sono certo». E anche per quanto riguarda la casa di Gemonio, smentisce che siano stati utilizzati fondi del Carroccio. Poi passa a Roberto Maroni, oggi membro del triumvirato che guiderà il partito fino al congresso (probabilmente a giugno), insieme a Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. «Maroni non è un Giuda, ha fatto una corrente in un partito monolitico, non è con me ma nemmeno contro di me».
Ieri il protagonista della giornata è stato dunque ancora lui, Bossi. Peraltro le sue dimissioni, nella Lega lo dicono tutti, sono state apprezzate, perché si tratta dell'unico leader politico italiano che ha saputo fare un passo indietro per il bene del partito. Ma nella sede di via Bellerio, a Milano, l'incontro che si è tenuto nel pomeriggio, per due ore, tra l'ex senatùr e Maroni (presenti anche Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli) dà la sensazione di un passaggio di testimone. O comunque dell'inizio di un nuovo capitolo per il Carroccio. «Abbiamo fatto il punto della situazione - ha detto Maroni - e discusso delle prime iniziative da prendere già dalla prossima settimana. Come la riunione del comitato amministrativo».

Nel partito parte intanto il toto-nomine. Per Maroni già si intravede un futuro da segretario federale, una volta superata la transizione del triumvirato. E soprattutto superata la rivalità storica con Roberto Calderoli, che probabilmente non gli lascerà tanto facilmente la strada spianata. Con Maroni dovrebbero salire al vertice del partito anche gli uomini a lui più vicini. Le due aree principali del partito, la Lombardia e il Veneto, dovrebbero così vedere il rafforzamento di alcuni esponenti, come Matteo Salvini e Attilio Fontana per la Lombardia, Flavio Tosi e Luca Zaia per il Veneto. In particolare, dell'europarlamentare Salvini si parla come del possibile segretario lombardo, mentre di Fontana come del prossimo candidato alle regionali della Lombardia. Nella regione peraltro bisognerà tenere conto della rappresentanza dei tre territori più forti per il movimento leghista: Brescia, Bergamo e Varese.
Dentro il Carroccio c'è aria di resa dei conti. Emblematico il caso di Bergamo, dove 10 componenti su 16 del direttivo provinciale della Lega Nord di Varese chiedono la sfiducia del segretario Maurilio Canton, la cui elezione per acclamazione fu contestata al congresso di ottobre. L'ala maroniana avrebbe già comunicato al partito l'intenzione.

Escono invece dalla regola maroniani "versus" bossiani Bruno Caparini, Roberto Castelli e Giancarlo Giorgetti, il cui percorso dentro la Lega potrebbe rivelarsi insolito. Caparini, padre storico del Carroccio e amico di Bossi, è stimato da tutti e dovrebbe continuare ad avere un ruolo importante; Castelli, pur essendo considerato un bossiano, potrebbe mantenere uno spazio autorevole perché, si dice in Via Bellerio, da tempo denunciava la gestione del tesoriere Belsito; Giorgetti, invece, pur essendo maroniano, si è da tempo sfilato dal gruppo dei fedeli di Maroni: talvolta è stato accusato di non aver preso chiaramente posizione e per questo potrebbe ritrovarsi in discesa dentro il partito.
Sembrano invece destinati a scomparire gli uomini del cerchio magico, Marco Reguzzoni e Rosy Mauro prima di tutto. Le indiscrezioni dicono anche che in casa Bossi si parla di possibili dimissioni di Renzo Bossi da consigliere regionale. A spingere in questa direzione sarebbe il padre, ma la madre, l'onnipresente Manuela Marrone, farebbe scudo, invitando il figlio a resistere.

LA FORZA LEGHISTA AL NORD

48,5% - Treviso
Nelle zone pedemontane del Veneto la Lega Nord ha lasciato le briciole, in termini di voti, ad alleati e avversari. Nella provincia di Treviso, il Carroccio alle regionali del 2010 ha ottenuto quasi un voto su due

42,4% - Sondrio
Nella regione dove la Lega ha le sue radici, la roccaforte è Sondrio, dove alle ultime regionali ha superato il 40 per cento dei voti. Staccati di 14 punti gli alleati del Pdl

38,1% - Vicenza
Terza provincia del Nord dove la Lega supera abbondantemente un terzo dei consensi (il dato è delle ultime regionali)

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