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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2012 alle ore 10:30.

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Renzo Bossi (Ansa)Renzo Bossi (Ansa)

Renzo Bossi spiega ai militanti padani le proprie ragioni. Dopo le dimissioni dal Consiglio regionale della Lombardia il figlio dei Senatur, assicura di «non avere colpe» e chiede «solo ai 13mila padani di continuare a credere in me». Le dimissioni, scrive in una lettera riportata su Brescia Oggi, arrivano solo «per senso morale» come risposta da dare «a chi nei giorni scorsi si è preso la briga di aprire, all'interno del mio movimento, una vera e propria caccia alle streghe».

Il cognme mi ha aiutato, ma mi ha anche gettato in prima linea
Dice di non far mistero che il cognome che porta lo abbia aiutato, «ma mi ha anche gettato in prima linea e costretto a dimostrare ogni giorno che le 13 mila preferenze prese sul territorio erano frutto della mia passione politica e non del nepotismo di cui mio padre, la cui unica colpa è quella di aver dato un'anima alla Padania, è stato più volte accusato».

Mi dimetto per non prestare il fianco a nuovi e infondati attacchi
Quanto al padre. «Da lui ho sempre preso esempio, nella vita e in politica, cercando di mutuare nel quotidiano i valori con cui ci ha sempre cresciuti: il rispetto, la morale e la coerenza. Lui si è dimesso da Segretario per lasciare la giusta libertà di difesa. Io mi dimetto da consigliere regionale per evitare di prestare il fianco a nuovi ed infondati attacchi».

Le poltrone lasciamole a chi grida "al lupo, al lupo"
«Le poltrone lasciamole a chi urla al lupo al lupo, ma forse è talmente miope da non vedere oltre i propri interessi. Chiedo solo ai 13 mila padani di continuare a credere in me, promettendo, in cambio, di dimostrare la mia totale buona fede».

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