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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 08:16.
Decolla l'inchiesta della Procura di Roma sul G8 e i grandi eventi. Su disposizione del gip Nicola Di Grazia, il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, guidato da Virginio Pomponi, ha messo sotto sequestro preventivo beni per circa 32 milioni di euro.
Si tratta di proprietà riconducibili alla famiglia di Diego Anemone, il costruttore già sotto processo insieme all'ex provveditore ai lavori pubblici, Angelo Balducci, e all'ex numero uno della Protezione civile, Guido Bertolaso, per l'inchiesta perugina sul G8. Il sequestro riguarda le palazzine G e H del Salaria Sport Village, il centro sportivo romano di cui di cui è titolare Anemone, e una serie di immobili a Roma e Monteleone d'Orvieto (Terni) dello zio di Anemone, Luciano, e della moglie del costruttore, Vanessa Pascucci. «Il provvedimento non intacca l'attività del Salaria Sport Village – precisano Cesare Placanica e Antonio Barbieri, difensori della famiglia Anemone – che prosegue libera. Nessun bene di Diego Anemone è stato sequestrato».
L'indagine condotta dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dai pm Roberto Felici, Ilaria Calò e Sabina Calabretta conta al momento almeno 15 indagati, a vario titolo, per reati fiscali (false fatturazioni e dichiarazione fraudolenta), appropriazione indebita, riciclaggio. Nell'elenco, oltre ad Anemone, alla moglie e allo zio, figurano il fratello, Daniele Anemone, i figli di Balducci, Lorenzo (attore) e Filippo (manager), titolari di quote di alcune società coinvolte, il commercialista del gruppo Anemone, Stefano Gazzani, e il funzionario Mauro della Giovampaola.
I sequestri corrispondono alle imposte (poco più di 11 milioni tra Iva e Ires) che gli indagati avrebbero evaso e a 20 milioni che la famiglia Anemone avrebbe distratto dalle casse della Anemone Costruzioni per riciclarli nella Società Sportiva Romana srl, proprietaria del Salaria Sport Village. Secondo i pm i 20 milioni furono pagati dalla Maddalena Scarl (anch'essa del gruppo Anemone) alla Anemone Costruzioni, di cui era amministratore Luciano, per lavori fatturati nel 2008-2009 per il G8 della Maddalena ma in realtà mai eseguiti. I 20 milioni sono stati poi bonificati in due tranche (da 9 e 11 milioni) da Luciano al nipote Daniele, il quale ha a sua volta girato il denaro sul conto del fratello Diego. Da qui, scrive il gip nelle 57 pagine del decreto di sequestro, le somme sono transitate per due fiduciarie, la Stube spa e la Fidear srl, per approdare alla Società Sportiva Romana, «la "cassaforte" di famiglia» dove sono stati «reimpiegati in attività edilizie migliorative del Salaria Sport Village».
L'indagine, che nasce dalle carte trasmesse a Roma dalla Procura di Firenze, prende corpo quando durante una perquisizione alla Anemone Costruzioni viene sequestrato un pc di Daniele Anemone. Il computer contiene un file denominato "elenco commesse" con 400 nominativi e località: da qui gli investigatori risalgono ai cantieri presso i quali le società del gruppo avevano svolto lavori. È il caso dell'ospedale Spallanzani di Roma, della casa di via del Fagutale con vista sul Colosseo per la quale l'ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, rischia il processo, di due immobili del generale della Guardia di Finanza, Francesco Pittorru, su cui sono ancora in corso accertamenti. Il file, scrive il gip, contiene «una contabilità parallela che indica cantieri e nominativi di clienti privati ai quali sono state effettuate prestazioni di servizi omettendone la fatturazione».