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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 08:14.

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ROMA
C'è il rischio che alluvioni, frane o terremoti d'ora in avanti vengano pagati dagli automobilisti. Con la riforma della protezione civile varata ieri dal Consiglio dei ministri è stata reintrodotta la "tassa sulla disgrazia". Ovvero la facoltà delle Regioni di aumentare le accise sui carburanti fino a 5 centesimi al litro per fronteggiare le calamità intervenute sul loro territorio. Il testo ha in sostanza ripristinato un meccanismo che la Corte costituzionale aveva azzerato due mesi fa. E che era costato un paio di settimane di fibrillazioni in Parlamento durante l'esame del decreto semplificazioni. Sempre a patto che la misura sopravviva nella versione definitiva del testo che Palazzo Chigi assemblerà dopo il parere della Conferenza unificata del 19 aprile.
Il nodo è sempre lo stesso di cui si dibatte da due mesi. Da quando la sentenza della Consulta (16 febbraio 2012 n. 22) ha cancellato il sistema di rifinanziamento introdotto all'articolo 5, commi 5-quater e 5-quinquies, del Dlgs 225/10992 dall'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, con il milleproroghe del 2010. In presenza di una catastrofe naturale e della dichiarazione dello stato di emergenza, quella norma autorizzava i governatori a incrementare il costo locale di benzina e gasolio per fronteggiare le emergenze e affidava al Governo centrale il compito di intervenire in seconda battuta con un innalzamento su scala nazionale.
Dopo la pronuncia di illegittimità costituzionale dei due commi citati era rimasta in piedi solo questa seconda ipotesi. Che i deputati hanno peraltro provato a eliminare durante il primo passaggio alla Camera del decreto semplificazioni, salvo vedersi disinnescare la modifica dai senatori durante l'esame nell'altro ramo del Parlamento. Da febbraio a oggi dunque, in presenza di una "disgrazia", toccava allo Stato eventualmente rimpinguare il fondo imprevisti con un aumento dei carburanti fino a 5 centesimi.
Con il Dl o più probabilmente Ddl (a seconda del tipo di veicolo normativo che il Governo sceglierà di utilizzare, ndr) approvato dal Cdm anche il singolo presidente di Regione «può» ritoccare all'insù i prezzi alla pompa. Tutto ruota intorno a quel «può», visto che la disposizione "bocciata" dalla Consulta utilizzava la formula «è utilizzato ad elevare». Basterà l'uso di un verbo diverso a evitare una nuova decisione di incostituzionalità? Non è detto, per cui la versione definitiva dell'articolato potrebbe anche essere diversa. Per ora, il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani non chiude la porta, pur ricordando «l'incostituzionalità ribadita dalla Consulta».
Critiche per la scelta dell'Esecutivo sono giunte da tutte le parti in causa: consumatori, produttori e gestori. «Noi siamo i primi a dire che questo Governo ha deciso di fermare il Paese e con esso l'economia e ci opponiamo fermamente a questo modo di procedere», ha commentato Assopetroli-Assoenergia. Una posizione condivisa anche dalla Faib Confesercenti e della Figisc Confcommercio che, con Luca Squeri, ha ricordato: «Il prezzo dei carburanti è aumentato mediamente di 31 centesimi/litro: di questi, 10 sono dovuti all'aumento del petrolio (che ha le quotazioni più alte in assoluto), e ben 21 all'aumento delle imposte».
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