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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2012 alle ore 16:39.

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Il 95% dei casi di morte improvvisa nelle sport sono legati al cuore. Nei giovani che fanno sport la mortalità è 2,5 volte superiore rispetto a chi non lo fa. Una statistica legata a un'attualità tragica per la morte sul campo del Pescara del giocatore del Livorno Piermario Morosini.

Una morte improvvisa, anche al centro della campagna di sensibilizzazione «Ci vuole cuore», promossa dalla Fondazione italiana "Cuore e circolazione" Onlus e dalla Società italiana di Cardiologia per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa nei giovani. Il progetto – avviato nell'anno scolastico 2008-2009 con il ministero dell'Istruzione - prevede per prima cosa l'identificazione dei soggetti a rischio attraverso un'attività di screening cardiovascolare e la messa in atto di misure preventive, quale riduzione dell'attività sportiva intensa o la conversione in sport meno impegnativi e l'adozione di approfondimenti diagnostici e terapie farmacologiche salvavita.

Quest'anno la campagna è stata realizzata dal gruppo atomix di Bologna in collaborazione con Lega Basket, Legadue, Segretariato sociale della Rai, ministero dell'Istruzione dell'Università. Dal oggi, 16 aprile, fino al 30, la Fondazione ha avviato una campagna di raccolta fondi tramite sms solidale al numero 45508.

Un intervento immediato oltreché un'attenta prevenzione è proprio quello che ci sarebbe voluto sul campo del Pescara secondo Francesco Fedele, presidente della Fondazione e direttore del dipartimento di malattie cardiovascolari e respiratorie dell'università La Sapienza di Roma, secondo il quale «bisogna portare i defibrillatori a bordo campo». «Basta che le persone a bordo campo sappiano fare le manovre di rianimazione cardiopolmonare e che queste siano compiute a bordo campo anche per 30-50 minuti: ci vuole una giornata per prendere il tesserino, ma anche 3-5 minuti perché si avvii la degenerazione senza un intervento immediato», aggiunge Fedele.

Stessa lunghezza d'onda nelle dichiarazioni del presidente della Federazione italiana di cardiologia, Franco Romeo, che intervenendo alla presentazione della campagna ha aggiunto la necessità che ci sia uno specialista cardiologo in grado di intercettare queste situazioni e che non si sottovaluti la familiarità: «chiunque abbia casi in famiglia - ha detto R Romeo - dovrebbe sottoporsi a esami e visite specialistiche. Quella presentata oggi è un'iniziativa lodevole, ma si deve fare di più. Bisogna informare la gente».

I primi risultati della campagna di prevenzione «Ci vuole cuore» sono stati presentati dalla Fondazione a fine 2011 e hanno confermato l'importanza di questa iniziativa. Da uno screening elettrocardiografico condotto su 7mila studenti degli ultimi due anni di alcune scuole secondarie di 2° grado del Lazio, Toscana, Abruzzo, Lombardia, Veneto, Piemonte, Sicilia e Calabria è emerso che il 21% presenta alterazioni elettrocardiografiche meritevoli di approfondimento diagnostico. Anche i dati anamnestici sono degni della massima attenzione, poiché circa il 13% dei ragazzi presenta familiarità per malattie cardiovascolari, il 18% presenta abitudine tabagica, l'11% fa abuso di alcol (e pratica il cosiddetto binge drinking), ed il 6% dichiara di far uso di sostanze stupefacenti.

Molti giovani, hanno spiegato i promotori della campagna, praticano attività sportiva non agonistica, per la quale è previsto il certificato medico solo di sana e robusta costituzione, con visita medica senza l'impiego di esami strumentali. «In questo modo - ha detto Fedele - molte cardiopatie occulte non vengono svelate e anche lo sport ludico può rivelarsi minaccioso per la vita. D'altro canto, parecchie malattie cardiovascolari silenti possono portare ad arresto cardiaco anche in assenza di sforzo o emozioni, per cui anche soggetti giovani, con vita sedentaria, sono esposti al rischio se la loro malattia non viene smascherata».

Una delle iniziative di comunicazione più significative a supporto della campagna è la realizzazione di uno spot (regia di Luca Lucini), con la presenza di Daniel Hackett e Andrea Renzi, giovani emergenti già arrivati a vestire la maglia azzurra della nazionale. Lo spot servirà a sostenere la raccolta fondi per la ricerca ma anche a mandare un messaggio importante di prevenzione alle famiglie e ai giovani: «per fare sport ci vuole cuore: un elettrocardiogramma può salvare una vita».

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