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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2012 alle ore 10:22.

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Due rimpasti di giunta in un mese. In Regione Lombardia verrà ufficializzata oggi, in consiglio regionale, la decisione del presidente Roberto Formigoni di far entrare due nuovi assessori, al posto di altri due uscenti. A dimettersi sono stati ieri Stefano Maullu, Pdl, con delega al Commercio e al turismo, e Monica Rizzi, Lega, con delega allo Sport e alle politiche giovanili. A sostituirli sono Margherita Peroni, pidiellina, al posto di Maullu, e Luciana Ruffinelli, leghista, al posto della Rizzi.

La giunta avrà dunque una donna in più, in modo da riequilibrare la squadra di governo quasi tutta al maschile (una sola donna assessore dal 2010, due da un mese ad oggi). Ufficialmente infatti, il rimpasto serve a questo: a dare seguito ad un ricorso fatto l'anno scorso da due associazioni che difendono le pari opportunità (Articolo 51-Laboratorio democrazia paritaria e Donneinquota), che il Tar ha dichiarato legittimo, oltre che per rispettare lo stesso statuto regionale che stabilisce una «congrua rappresentanza femminile» (non meglio definita).

Anche il rimpasto di qualche settimana fa aveva formalmente avuto lo stesso scopo. Valentina Aprea è diventata assessore al posto di Massimo Buscemi (Pdl), prendendo le deleghe alla Cultura; Ombretta Colli è stata invece nominata sottosegretario con delega su Moda e design, al posto di Francesco Magnano, del Pdl (vicino a Silvio Berlusconi). Inoltre, viene spiegato nei corridoi del Pirellone, Maullu si sarebbe dimesso dall'assessorato anche perché in attesa di un possibile incarico ai vertici della società autostradale pubblica Tem, mentre la Rizzi lascia per motivi interni alla Lega. Ma dietro alla quota rosa, di cui il Pirellone si accorge con un anno e mezzo di ritardo rispetto alle regionali 2010, ci sarebbero in realtà i disagi dovuti alle tante inchieste (una decina) a carico di ex assessori del centrodestra e consiglieri in carica (sia di maggioranza che di opposizione), oltre alle continue indiscrezioni che emergono dai fascicoli delle procure.

L'ultima è quella relativa ai presunti pagamenti di viaggi che, secondo quanto riportato ieri dal Corriere della Sera, Pierangelo Daccò, uno degli indagati all'interno dell'inchiesta sulla fondazione sanitaria Maugeri, avrebbe pagato al presidente Formigoni in cambio di favori. Inoltre la procura di Milano avrebbe acceso un faro anche su presunti contratti di consulenza che da Daccò venivano commissionati «perché la Lombardia aprisse le porte», come ripetuto da Costantino Passerino, il direttore amministrativo della stessa fondazione, interrogato dal gip milanese Vincenzo Tutinelli (il giudice che ha già disposto l'arresto cautelare dello stesso Daccò e dell'ex assessore alla Sanità Antonio Simone nell'ambito dell'inchiesta su una distrazione di fondi pubblici per 56 milioni).
Formigoni si difende: «Non ho mai ricevuto regalie da nessuno. Nessuna irregolarità». Ma dentro lo stesso centrodestra qualcosa scricchiola. Lo si evince dalle parole del coordinatore del Pdl della Lombardia Mario Mantovani: «I controlli della Sanità non sono sufficienti. È un guaio se li fa la procura e non la politica».

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