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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2012 alle ore 06:41.
MILANO
Non solo inchieste, fondi gestiti illecitamente, acquisti segreti di lingotti e diamanti. Nella Lega spunta anche l'ipotesi di spionaggio ai danni di Roberto Maroni, oggi membro di quel triumvirato (Maroni-Calderoli-Dal Lago) che dovrà traghettare il partito fino al congresso di giugno, dopo le dimissioni del leader storico Umberto Bossi.
Secondo le rivelazioni di Panorama c'era chi da mesi, dentro il Carroccio, stava preparando un dossier per screditare Maroni. Il settimanale racconta come l'ex tesoriere leghista Francesco Belsito, inquisito per truffa nella gestione dei rimborsi elettorali, da gennaio scorso abbia incaricato un detective privato genovese, coadiuvato da alcuni collaboratori, di indagare sulla vita e sugli affari dell'ex ministro dell'Interno.
Belsito non smentisce, anzi. «Non appena ho capito chi fossero i miei nemici ho deciso di fare un po' di ricerche. E ognuno ora dovrà assumersi le proprie responsabilità», ha detto l'ex tesoriere a Panorama.
La storia sarebbe dunque questa: l'investigatore privato aveva già lavorato per scoprire chi fossero gli autori di una biografia denigratoria su Internet contro Belsito. Poi sarebbe stato di nuovo messo al lavoro dall'ex tesoriere per realizzare un dossier su Maroni, e per questo servizio sarebbe stato pagato coi soldi della Lega. Poi, parte di questo dossier sarebbe finito nelle mani della procura di Genova dopo le perquisizioni in casa Belsito richieste dagli inquirenti. Ovvia la reazione di Maroni: «Pretendo di sapere chi mi ha spiato dentro la Lega. E i colpevoli dovranno essere cacciati». Di che materiale si tratta? Nel dossier ci sarebbero visure camerali e appunti scritti a mano. E soprattutto l'elenco di beni che, secondo l'investigatore, sarebbero riconducibili a Maroni: un catamarano e due motoscafi. Il primo sarebbe intestato a una società di un presunto prestanome, mentre un motoscafo sarebbe stato recentemente trasferito a Portorose in Slovenia. Maroni ha replicato: «Non ho difficoltà a contestare punto per punto, non c'è nulla di segreto». Dietro le quinte ci sarebbe persino un possibile equivoco: non si tratterebbe di Portorose in Slovenia, ma di Porto Rosa in Sicilia.
Sullo sfondo di questa vicenda si intravede di nuovo il conflitto interno al partito tra bossiani e maroniani. Sibilline le parole di Belsito sul fatto che Bossi fosse stato informato del dossier: «Gli ho detto che cercavo di capire alcune cose su Maroni. Non mi ha scoraggiato, non mi ha detto niente».
Intanto proseguono gli accertamenti della procura di Milano per capire la provenienza dei soldi utilizzati da alcuni esponenti della Lega per acquistare diamanti e lingotti. Ci sarebbero le prove che gli acquisti realizzati da Belsito fossero pagati con denaro proveniente dal partito. Per quanto riguarda Rosi Mauro e il senatore Piergiorgio Stiffoni sono ancora in corso i controlli bancari per stabilire la provenienza di 300mila euro utilizzati per comprare diamanti. Stando a quanto accertato finora Rosi Mauro avrebbe comprato diamanti per 100mila euro e Stiffoni per 200mila, e aperto due conti correnti per realizzare le operazioni presso la Banca popolare di Novara. Gli ordini e gli atti di consegna sarebbero stati firmati da Mauro e Stiffoni a gennaio, mentre Belsito avrebbe fatto acquisti a partire da dicembre. La Mauro replica: «Con i miei risparmi ho comprato tutto, comprese le case».
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