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Questo articolo è stato pubblicato il 21 aprile 2012 alle ore 08:14.

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Nell'Italia dei capannoni, delle aziende familiari e di quelle che si mettono in rete, del manifatturiero che si aggiorna e dell'export sostenuto che ci fa mantenere quote sui mercati emergenti perfino il «credit crunch» bancario può essere solo una parte del problema. Perché troppo spesso la liquidità che manca corrisponde anche a ciò che dovrebbe garantire lo Stato semplicemente riconoscendo quanto dovuto dalle normative fiscali.

A comprimere le capacità del tessuto imprenditoriale infatti non è solo il cronico ritardo con cui la Pubblica amministrazione paga i suoi fornitori, e per il quale governo, Abi e imprese sono vicini a un primo accordo (si veda il Sole 24 Ore di ieri), ma meno noto al grande pubblico c'è anche il grande buco nero dei rimborsi in conto fiscale, in particolar modo crediti Iva.

Un anno almeno di attesa per vedersi riconoscere il rimborso con una disposizione di pagamento, poi altri sei mesi perché il pagamento diventi effettivo. La media delle testimonianze raccolte dal Sole 24 Ore sul territorio è emblematica: in piena crisi ed in pieno «credit crunch» le aziende, nel ruolo di tax collector, "prestano" risorse allo Stato senza alcuna certezza sui tempi del rientro.

Negli ultimi mesi questo scenario è andato via via peggiorando in un crescendo che ha moltiplicato le lettere di protesta delle aziende pronte a battaglie legali. La contrazione dell'erogazione dei rimborsi in conto fiscale da parte degli uffici periferici degli agenti della riscossione è un fenomeno trasversale a più settori e associazioni confindustriali, cresciuto nella seconda metà del 2011 con un picco vistoso all'inizio del 2012.

Pochi numeri bastano a descrivere lo stallo in atto sul rimborso dell'Iva anticipata dalle aziende. Nel 2011 i rimborsi in conto fiscale (5,8 miliardi) sono calati del 17,5% rispetto all'anno prima e del 28% rispetto al 2009. Nel primo trimestre di quest'anno il tracollo: -51,7% rispetto allo stesso periodo del 2011 (da 1,8 miliardi a 891 milioni).

Eloquenti anche i numeri forniti dal governo in risposta a un'interrogazione in Commissione finanze della Camera presentata da Benedetto Della Vedova alla fine di gennaio. Per quanto riguarda l'anno di imposta 2010 – in cui i consumi nazionali chiusero comunque in terreno positivo – sono state presentate 62.211 richieste di rimborso Iva per un ammontare totale di 8,6 miliardi. Di queste però, alla fine dello scorso gennaio, ne erano state accolte poco più di un terzo (23.416), per un importo erogato pari a poco meno di 3 miliardi di euro. E nella casistica si va anche oltre, con aziende che lamentano di avere ancora in sospeso crediti relativi al 2008 e al 2009. Un ritardo abissale rispetto a quello che dovrebbe essere il dettato normativo: i rimborsi annuali «sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione» (Dpr 633 del 1972); mentre per quelli infrannuali è previsto come termine «il giorno 20 del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre trimestri solari» (decreto del Mef del 23 luglio 1975).

In risposta all'interrogazione parlamentare, il governo ha tuttavia usato estrema cautela: «In conformità con il piano di accelerazione avviato dall'Agenzia – recita la replica formale – gli importi relativi alle restanti richieste, qualora accolte, verranno erogati nel corso del 2012 tenuto conto della effettiva disponibilità finanziaria». È soprattutto quest'ultimo distinguo che agita i sonni delle imprese consapevoli che le difficoltà statali di cassa rischiano di prolungare ancora la lunga attesa.

Il blocco, nella catena di comando, si concretizza agli uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate. «Non sappiamo dirle quando avverranno i rimborsi, siamo in pochi e stiamo iniziando i rimborsi del 2009» recitava poche settimane fa una lettera al Sole 24 Ore di un imprenditore di Milano che raccontava la sua esperienza. Organici non adeguati rispetto al carico di lavoro possono però essere solo una parte della motivazione. La gestione diretta delle risorse non è di competenza dell'Agenzia ma della Ragioneria dello Stato, che dispone gli stanziamenti sulla base delle esigenze di gestione della cassa e degli stanziamenti in bilancio. E la stretta, guardando i conti pubblici, rischia di non dare tregua. Per quanto riguarda le risorse di competenza, per il 2011 il bilancio assestato dello Stato prevede rispetto agli stanziamenti iniziali una riduzione di 2 miliardi delle risorse per i rimborsi di imposta nel capitolo di spesa nel quale rientrano i crediti Iva, mentre un altro miliardo viene tagliato per i rimborsi di imposte dirette dei concessionari. E l'aumento previsto complessivamente per il 2012, pari a 1,6 miliardi, è solo una parziale compensazione.

Soluzioni? Il tema è destinato ad esplodere e richiederà nuovi sforzi dopo quelli in corso sui debiti commerciali. Confindustria ha chiesto al ministero dell'Economia che in questa fase venga almeno reso noto in anticipo il piano annuale delle erogazioni. Un intervento simile fu adottato alla fine del 2008 e l'anno dopo ci fu una prima significativa risalita.

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