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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2012 alle ore 08:12.

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Una laurea per tutti: online si può fare. Sembra questo il fil rouge che spiega il successo delle università telematiche, i cui iscritti sono passati dai 29mila del 2009/2010 ai 42mila del 2010/2011, il 41% in più. Un autentico boom, spinto soprattutto dalla volontà di ottenere il titolo accademico anche più avanti dell'età "canonica" e mentre si lavora.

Un trend, questo, testimoniato dai molti accordi siglati dagli 11 atenei online con aziende private e istituzioni: per i cinque poli che li pubblicano se ne contano 176. L'impresa favorisce i dipendenti pagando per loro parte delle tasse, l'università aumenta il bacino d'utenza fornendo pacchetti di iscrizioni a costi più contenuti. Ad esempio, è anche grazie alle convenzioni con la Telecom e con la Scuola superiore della Pa, che la Uninettuno è passata dai 3.365 iscritti del 2009-2010 ai 6.719 del 2010-2011 (+99%). Mentre ha ben 59 intese segnalate sul proprio sito la Unisu (o Unicusano), cresciuta in un anno da 5.666 a 8.610 iscritti (+46%): rette agevolate sono previste per i dipendenti del Comune di Roma, Polizia di Stato e Carabinieri, ma anche per quelli del Centro d'ascolto Madonna del Rosario e persino per i pensionati del Cral dell'Inps. Forse un po' troppi.

Se infatti è vero che le università telematiche offrono una chance in più, non sempre l'alloro accademico è sfolgorante. Nonostante l'attrazione "fatale" che ha fatto quadruplicare gli iscritti in quattro anni restano molte zone opache di questo sistema varato nel 2003. I punti deboli li individua uno a uno Luigi Biggeri, ultimo presidente del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, le cui funzioni sono da poco passate all'Anvur. «Il sistema degli atenei online - spiega - permette la formazione universitaria anche a chi non può o non vuole frequentare, ma è abbandonato senza controlli sulla qualità dei servizi erogati, anche se in alcuni casi la qualità è buona». Il Cnvsu, in effetti, aveva lanciato l'allarme già nel 2010 con un dossier ad hoc. Tra le varie criticità la valutazione dei corsi solo sulla carta e mai sugli effettivi servizi erogati, molte realtà con pochi docenti di ruolo (nel 2010 erano solo 42, ora sono in tutto 205), risorse finanziarie deboli e scarsa attività di ricerca. Insomma c'è un problema di qualità, come si vede anche dalla bocciatura dell'Ordine degli ingegneri nell'articolo qui a destra.

Da allora però poco è cambiato. Pochissimo sul fronte docenti: l'Università E-Campus, evoluzione del Cepu, nel 2011 per le sue 5 facoltà poteva contare solo su 4 professori straordinari a tempo determinato e 52 ricercatori a tempo determinato. Più strutturata la Marconi di Roma che per i suoi 30 corsi dispone di 16 docenti di ruolo più altri 35 in reclutamento. Spesso poi l'impegno di questi atenei a reclutare docenti cade nel vuoto. Proprio la Marconi ha bandito 62 concorsi per ordinari, ma ha dovuto accettare ben 46 «No». «Il motivo - scrive il Cnvsu - andrebbe ricercato nella volontà degli idonei di non essere disponibili a prendere servizio». In altre parole, i professori usano questi bandi come "porte girevoli" per ottenere l'abilitazione che poi spendono altrove.

In realtà, queste università qualche nome illustre lo vantano. Preside di Economia alla Marconi è l'ex ministro Rainer Masera. Un altro ex ministro, Augusto Fantozzi, è rettore della Giustino Fortunato di Benevento: una facoltà e soli 501 iscritti. Ma lui precisa: «Questa è una scommessa seria: da quando sono arrivato io tre anni fa gli iscritti con crediti formativi sono scesi dal 38 al 17 per cento».

E qui si tocca un altro nervo scoperto per gli atenei online: il riconoscimento ai fini della laurea dell'attività lavorativa svolta dall'iscritto, che così taglia i tempi per arrivare al traguardo. Nulla di male in se e per sè: solo che con lo slogan (ricordate?) «Laureare l'esperienza» si sono riconosciuti crediti formativi praticamente per tutto. Secondo il Miur nel 2005-06 ne beneficiava il 93% degli studenti: un'enormità. Come non sospettare che i crediti siano una bella scorciatoia per titoli accademici facili? L'allora ministro, Fabio Mussi, nel 2007 diede una stretta: ma ancora nel 2008 (ultimi dati Miur) in alcune realtà i laureati precoci erano numerosi: 33% alla Uninettuno e ben 69% alla Unisu. E ancor'oggi ce ne sono.

La Finanziaria 2007 ha previsto un regolamento sui criteri di accreditamento delle telematiche che dovrebbe garantire maggiore qualità e controlli. Testo mai varato. «Nell'attesa, abbiamo svolto solo le ispezioni periodiche previste dalla legge - spiega il presidente Anvur, Stefano Fantoni - e abbiamo trovato una situazione disomogenea con punte di eccellenza accanto a realtà troppo piccole che andrebbero confederate». Ed è proprio sulla necessità di fondersi che insiste anche Biggeri: «Avviciniamo queste realtà alle università statali per fare davvero ricerca, creiamo due o tre poli nazionali e vigiliamo attentamente non solo in avvio ma anche su corsi ed esami».

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