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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2012 alle ore 08:11.
Per ora il Governo si è attestato sullo scenario meno pessimistico, puntando sulla graduale ripresa dell'attività economica nella seconda metà dell'anno, che compenserebbe il permanere di un debole «tono congiunturale» almeno fino a tutto il primo semestre. L'aspettativa perché la stima di un Pil in caduta dell'1,2% si realizzi è evidentemente subordinata da un lato all'andamento della congiuntura europea e dello spread, dall'altro alla piena realizzazione delle misure messe in campo sul fronte della crescita (liberalizzazioni, semplificazioni, riforma del lavoro). Effetti tutti da verificare, che dovranno essere comunque aggiornati sia alla luce delle prossime scadenze europee, sia nella puntuale verifica delle variabili interne. Il primo check è previsto in estate, e culminerà nell'aggiornamento del quadro appena definito nel «Def» con la Nota che accompagnerà la prossima legge di stabilità.
Si tratta di stime, e come tali vanno valutate. Il Fmi prevede per quest'anno una caduta del Pil all'1,9% e la Banca d'Italia si sta orientando verso una forchetta tra l'1,3 e l'1,6 per cento. Scenari meno ottimistici di quello governativo, che imporrebbero di rivedere anche il percorso di rientro dal deficit ipotizzato dal «Def». Crescerebbe l'indebitamento netto che quest'anno è atteso ridursi all'1,7% del Pil, e a rischio sarebbe il «quasi pareggio di bilancio» nel 2013 (lo 0,5% del Pil). Condizione quest'ultima che consentirebbe, pur in assenza del pareggio vero e proprio, di rispettare uno dei precetti cardine del «fiscal compact». In attesa che il quadro complessivo si definisca, il governo nel «Def» ipotizza fin d'ora due scenari alternativi. In quello "pessimistico", con il Pil a -1,8% rispetto all'1,2% dello scenario di base, il deficit salirebbe quest'anno al 2%, e nel 2013 si attesterebbe allo 0,8%. In questo caso, non sarebbe evidentemente rispettato l'impegno formale al pareggio nel 2013 (ora reso più cogente dal precetto costituzionale). Nel 2014 si assisterebbe a un'iniziale discesa allo 0,7%, e a una nuova risalita all'1% nel 2015. Si guarda all'indebitamento netto strutturale (corretto per il ciclo), che nello scenario di minore crescita si attesterebbe l'anno prossimo comunque allo 0,6 per cento.
I margini di azione passano dunque per gran parte nella verifica che verrà condotta tra breve a Bruxelles, in merito alla quantificazione degli effetti reali sui conti pubblici dei paesi membri dell'ulteriore contrazione dell'attività produttiva. Lo ha fatto intendere mercoledì scorso il commissario agli Affari economici, Olli Rehn quando ha annunciato nel corso del suo intervento alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo che a maggio, dopo la pubblicazione dei dati Eurostat sarà il momento per valutare e decidere quale sia «l'equilibrio tra consolidamento di bilancio e crescita». In sostanza, la Commissione europea potrebbe rivedere il mix di misure chieste agli Stati, aprendo qualche spiraglio nella «camicia di forza» imposta dalla nuova disciplina di bilancio.
Il governo ipotizza peraltro anche uno scenario meno pessimistico, che alla luce delle stime del Fmi e della Banca d'Italia, può essere considerato poco più di un esercizio. Se si riuscisse a contenere la caduta del Pil attorno allo 0,8%, l'indebitamento netto scenderebbe quest'anno all'1,1% e nel 2013 si realizzerebbe un surplus dello 0,3 per cento.








