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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2012 alle ore 17:57.

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Entro i primi di maggio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha annunciato l'atteso rapporto sulla revisione della spesa pubblica (o spending review) su cui lavora da settimane lo stesso Giarda, alla guida di un comitato informale che comprende anche il ministro della Pubblica amministrazione Patroni Griffi e il vice ministro dell'Economia Vittorio Grilli.

Ministeri coinvolti e task force
In pratica, dopo aver passato al setaccio spese e risorse a disposizioni di ministeri e amministrazioni centrali dello Stato, il documento individuerà aree di spesa da razionalizzare e possibili metodi per recuperare risorse, anche se la scelta finale su cosa tagliare e come sarà demandata ai singoli ministri, che hanno comunque messo a disposizione di Giarda speciali task force di tecnici ministeriali per completare al meglio la spending review (avviata peraltro nella prima metà del 2011, e rilanciata ad inizio 2012). Il monitoraggio focalizza in particolare le spese dei ministeri dell'Interno, dell'Istruzione e degli Affari regionali, della Difesa, della Giustizia e degli Esteri oltre alla Presidenza del Consiglio, e punta ad individuare programmi di spesa, uffici e attività da sopprimere o razionalizzare; scoprire inefficienze; segnalare leggi di finanziamento microsettoriali potenzialmente eliminabili.

Le previsioni del Documento di economia e finanza
Lo strumento "spending review" è quanto mai delicato e ad alta sensibilità politica, tanto che il Governo non ha mai indicato ufficialmente la somma che intende risparmiare applicando i criteri di razionalizzazione individuati dal rapporto in via di definizione. Un'idea di massima è però ricavabile dalla Tabella II.2-3 del Def 2012, capitolo «Analisi e tendenze della finanza pubblica». La tabella illustra il conto economico delle amministrazioni centrali dello Stato, analizzando in particolare il fronte delle spese previste nel periodo 2011-2015. Così, se la spesa dello Stato si mantiene pressoché costante per quanto riguarda i salari dei dipendenti pubblici (95.468 milioni di euro nel 2011, che diventano 94.335 nel 2015), scendono le spese per acquisti e appalti, i cosiddetti "consumi intermedi" della amministrazioni (da 25.323 milioni di euro del 2011 ai 21.874 del 2015), e soprattutto i trasferimenti alle Pa (193.316 miloni di euro nel 2011, 186.174 milioni di euro nel 2015). Nel complesso, quindi, le spese correnti al netto degli interessi della amministrazioni centrali dovranno passare dai 352 miliardi di euro del 2011 (352.816 milioni di euro, per la precisione), ai 342 del 2015. In particolare, il taglio da portare a casa entro il 2013 si aggira sui 13 miliardi di euro, tanto quanto passa tra 352 miliardi e i 339 miliardi di spesa previsti per il 2013.

Tagli pesanti entro il 2013
13 miliardi sono una bella cifra da tagliare, che spiega il nervosismo con cui molti ministeri attendono il momento di passare dalle parole ai fatti. Mettendo in file le uscite di alcuni ministri sul tema nel corso degli ultimi giorni, le strade possibili sono anche il riallineamento della spesa sanitaria delle Regioni a quello delle tre più virtuose utilizzando il metodo dei "costi standard" (dal 2013), un riassetto generale delle strutture informatiche delle Pa centrali e locali (nell'ambito dell'Agenda digitale), e un'estensione del raggio d'azione della Centrale di acquisti pubblici (Consip). Spazio anche a una razionalizzazione degli spazi e degli immobili utilizzati dalla Pa sul territorio (di proprietà e in affitto), e al rilancio delle dismissioni di proprità pubbliche.

Grilli e il nodo del «consenso politico»
Un tema, quest'ultimo, su cui il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli, in audizione alla Camera sui contenuti del Def, ha espresso la speranza di riuscire ad avere presto qualche risultato. «In un Paese con il livello del debito come il nostro - ha detto - non si può pensare di non intervenire sulla dismissione del patrimonio. Anche su questo stiamo lavorando e speriamo di portare risultati presto». Quando si parla di «dismissione ed efficientamento del patrimonio, ha aggiunto, dobbiamo avere in mente che c'é uno Stato centrale e ci sono tutte le amministrazioni in senso lato. Questo sia in termini di patrimonio che di spesa. Ci vuole il coinvolgimento di tutti, altrimenti questi obiettivi di riduzione debito con le dismissioni non si possono ottenere». Nella stessa occasione, Grilli ha anche accennato al "nodo" politico che si nasconde dietro lo spending review, metodo che «richiede un'analisi e una condivisione politica con il Parlamento» su dove intervenire: «Se parliamo della necessità di tagli fiscali o investimenti per miliardi di euro, ci vuole la condivisione politica per capire dove trovare i risparmi di spesa anch'essi per miliardi di euro».

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