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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2012 alle ore 09:03.

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Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega indagato da tre procure (Milano, Reggio Calabria e Napoli), ha cominciato a raccontare ieri la "sua" verità. Nella sede della Guardia di finanza, in via Filzi a Milano, è stato interrogato dalle 10,30 fino alle 14 dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini.

Poche le pagine del verbale, poco più di due, ma probabilmente sufficienti a dare nuovi spunti di indagine alla procura, visto che sono state secretate, come richiesto dai legali di Belsito. Potrebbe trattarsi anche di un segnale che fa pensare ad un atteggiamento di collaborazione da parte dell'ex tesoriere leghista nei confronti dei magistrati. Nei prossimi giorni dovrebbe esserci un secondo interrogatorio, dopo che oggi, a quanto si apprende da ambienti vicini alla procura, Belsito si è limitato a rendere dichiarazioni spontanee, portando anche documenti da mostrare ai pm, su cui regna la massima riservatezza. Potrebbe trattarsi di scontrini e fatture che legittimano le spese effettuate con i fondi dei rimborsi elettorali, probabilmente a dimostrazione del fatto che nello svolgere il suo compito avesse voluto contabilizzare le uscite. Uscite che, secondo l'ex tesoriere, sarebbero state fatte per il bene del partito, o comunque dietro richiesta di terzi.

In base alle prime indiscrezioni sull'interrogatorio, Belsito avrebbe infatti confermato quanto da lui detto in alcune interviste, e cioè che niente sarebbe stato fatto di sua iniziativa ma nell'ambito di indicazioni ricevute dai vertici del partito. «Ha agito per la Lega e nell'interesse della Lega», ha detto ieri uno dei suoi legali, Paolo Scovazzi. Su queste circostanze la procura di Milano, che accusa l'ex tesoriere di truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita, starebbe ora lavorando. E pare anche che al prossimo incontro con i pm, Belsito consegnerà altri documenti per corroborare la sua versione. Più grave, invece, la posizione dell'indagato a Reggio Calabria, dove la procura lo accusa di riciclaggio (mentre a Napoli prosegue il filone di uso illecito dei rimborsi elettorali).

Ieri, subito dopo l'interrogatorio dell'ex tesoriere, la Guardia di finanza di Milano ha sequestrato gli 11 diamanti restituiti la scorsa settimana da Belsito alla Lega (insieme ai lingotti d'oro e all'Audi A6), anche se secondo gli inquirenti ne mancherebbe uno. I vertici del partito hanno ribadito che l'acquisto non è stato fatto per il movimento politico e che «si riserva ogni azione civile contro chi ha utilizzato i soldi del movimento».

Nel Carroccio si tenta di ricompattare, almeno dal punto di vista mediatico, l'immagine fortemente lesa. E ieri Umberto Bossi ha detto che non parteciperà a nessun «Bossi day, ma bisogna essere uniti per la campagna elettorale». Intanto Rosi Mauro, anche lei travolta dall'indagine, resiste ancora. Ha rimesso nelle mani del presidente del Senato, Renato Schifani, le deleghe del ruolo di vicario, ma continuerà a presiedere l'Assemblea. La senatrice, passata dalla Lega al gruppo misto, non sostituirà quindi la seconda carica dello Stato ma potrà comunque dirigere i lavori di Palazzo Madama.

NEL MIRINO DI TRE PROCURE
L'inchiesta

L'ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito è indagato dalle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria per truffa ai danni dello Stato, riciclaggio e appropriazione indebita, nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte irregolarità nella gestione dei rimborsi elettorali. Nel mirino anche gli investimenti fatti in fondi esteri a Cipro (1,2 milioni ) e in Tanzania (4,5 milioni)

Il filone milanese
L'interrogatorio di ieri mattina nella caserma della Guardia di finanza del capoluogo lombardo è durato più di due ore. I pm milanesi vogliono chiarire i retroscena degli investimenti effettuati in Tanzania e le ragioni che hanno spinto Belsito a utilizzare finanziamenti pubblici per l'acquisto di oro e diamanti, restituiti dall'ex tesoriere la settimana scorsa

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